Da 35 anni a Montesilvano, cittadina di mare da 55mila abitanti in provincia di Pescara, non nasceva più un bambino. Qualche settimana fa, invece, è nata Annabel, figlia di una coppia di immigrati nigeriani che vivono presso una delle strutture di accoglienza presenti sul territorio. Montesilvanese a tutti gli effetti, Annabel non è solo un lieto evento, segno dei tempi che cambiano, ma è soprattutto divenuta il simbolo di un modello di integrazione che funziona. E che dimostra che quando si affronta il tema dell’immigrazione in modo serio, senza la caccia alla streghe a cui di recente la politica ci ha troppo spesso abituato, i risultati positivi arrivano.
“Da anni le donne vanno tutte a partorire a Pescara, questa signora invece non ha fatto in tempo e dopo 35 anni qui è nata una bambina”. Francesco Maragno, sindaco di Montesilvano, lo racconta con orgoglio e soddisfazione. Classe 1972, nato a Matera, tre lauree e diversi dottorati conseguiti, una carriera accademica che procede di pari passo con quella nella Guardia di finanza, dal 2014 è primo cittadino del noto centro turistico abruzzese, eletto con una maggioranza di centrodestra (è esponente di Forza Italia, ndr).
E’ grazie a lui e alla sua politica lungimirante se oggi Montesilvano è l’esempio di una convivenza non solo possibile tra residenti e immigrati, ma anche fruttuosa. La chiave di volta di una situazione che si era fatta assai critica è arrivata nel 2017, con la scelta del primo cittadino di chiudere i Cas e di sgomberare quello che è stato definito “il ghetto di via Ariosto” occupato da circa 300 abusivi, centro di spaccio, contraffazione e malaffare di ogni genere.
“Coi Cas c’erano oltre 500 profughi in due importanti strutture alberghiere – ricorda il sindaco – e il danno per l’economia della zona è stato enorme. Montesilvano è la città più turistica dell’Abruzzo, ogni anno conta 550mila presenze, con gli altri bandi della Prefettura abbiamo rischiato di salire a quota 1000 arrivi. Praticamente sarebbe stato come prendere tutte queste persone e metterle a piazza Navona a Roma”.
Da qui la sua decisione di fare braccio di ferro con la Prefettura e dire basta ai centri di accoglienza straordinaria.
“I Cas sono senza regole, senza controllo, lasciati in mano al business dei privati, non obbligati come gli enti locali a chiudere in pareggio. Ma per me puoi chiudere anche in perdita se sei convinto di fare il bene del territorio: la politica è fatta sì di sensazioni, di aspettative, di interpretazioni. Ma i fatti sono incontrovertibili: dopo lo sgombero di via Ariosto, dove peraltro c’era anche il rischio che si formassero cellule di reclutamento dell’Isis, e dopo la chiusura dei Cas sul territorio i reati sono diminuiti del 38%”.
Il Comune ha aderito a quel punto alla rete Sprar.
“Oggi ospitiamo 81 persone, la scorsa settimana erano di più. Siamo accreditati per arrivare ad un massimo di 161 persone, ma non siamo andati mai oltre le 101 unità. Così si rispetta il limite di tre migranti ogni mille abitanti. Prima ospitavamo solo maschi adulti, spesso malati anche gravemente. Ora invece abbiamo anche nuclei familiari”.
Lei è stato eletto con una maggioranza di centrodestra, ma critiche al suo operato sono arrivate soprattutto da Fratelli d’Italia (partito che non ha esponenti in consiglio comunale, ndr), che l’ha accusata di “impiegare migranti nei servizi con il risultato di togliere lavoro agli italiani”.
“La fotografia della realtà è un bel po’ diversa. Coi migranti siamo stati chiari, abbiamo detto loro dal primo momento che non erano in vacanza e che se volevano far parte di un reale processo di integrazione avrebbero dovuto rispettare le regole della convivenza civile, a cominciare dal lavoro. Loro hanno capito e hanno scelto di percorrere questa strada. Alcuni hanno imparato un mestiere e se ne sono andati anche altrove. Hanno accettato lavori che qui nessuno voleva fare da tempo. E grazie a loro siamo stati i anche premiati”.
Premiati?
“Sì. L’estate scorsa alcuni immigrati hanno gestito i due spiagge per disabili, grazie a progetti di doppia inclusione per ciò che concerne le politiche sociali. E grazie al lavoro svolto Montesilvano ha ottenuto una candidatura agli oscar di Ecoturismo, un riconoscimento importantissimo. Ma è soprattutto la soddisfazione degli utenti che ci rende soddisfatti: a fine estate un gruppo di genitori di ragazzi diversamente abili ha persino organizzato una festa in onore dei migranti che gestivano le spiagge per ringraziarli. Un bel momento”.
La legalità favorisce l’integrazione, dunque.
“E’ il presupposto base da cui partiamo e su cui lavoriamo senza se e senza ma. Noi facciamo rispettare le regole, ma trattiamo queste persone con umanità e le mettiamo nelle condizioni di vivere serenamente. E’ chiaro che se i migranti li tratti come bestie e li concentri dentro recinti chiusi da staccionate, non fai altro che creare un clima carico di odio che genera a sua volta manovalanza per l’illegalità e la criminalità”.
La riforma voluta dal ministro Salvini, tuttavia, di fatto annulla l’efficacia del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.
“Un provvedimento che va solo nella direzione della diminuzione della quantità, modificando però sostanzialmente la qualità dell’accoglienza. L’ospitalità umanitaria viene eliminata, sopravvive solo quella per i rifugiati che sono un numero esiguo e decisamente inferiore. Lo Stato italiano ha abdicato al proprio dovere di controllo dei flussi migratori, delegando ai più deboli della gerarchia, cioè i sindaci, tutte le responsabilità. E tutti gli oneri. Nessuno decide: o queste persone non le fai entrare, o sei in grado di espellerle, oppure metti le autorità territoriali nelle condizioni di poter governare i processi di accoglienza”.
Da uomo di destra che, anche in controtendenza con il resto del Paese, attua politiche reali di integrazione, pensa che possa esistere in Italia una destra veramente inclusiva?
“Sono un moderato di destra e una cosa la voglio dire: io non sono l’unico primo cittadino a presentare modelli di accoglienza che funzionano, in Italia come me ci sono tanti sindaci che scelgono le migliori condizioni di convivenza civile tra migranti e popolazione residente. Della rete Sprar fanno parte anche sindaci della Lega, anche di Fratelli d’Italia, di Forza Italia, perché di fronte all’emergenza le scelte giuste non hanno colore politico. La realtà sui territori rispetto alla politica urlata è un’altra cosa. La politica italiana oggi punta solo ad accaparrarsi un voto in più, facendo leva sulla pancia quando invece andrebbe usata la testa. Non si guarda più ai reali bisogni del Paese”.
Intervista a cura di Eleonora Celestini
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