Già il 17 marzo i sindacati avevano previsto cosa sarebbe potuto accadere e si erano ribellati alla scelta della Regione Lombardia – guidata dal leghista Attilio Fontana – di spostare i pazienti positivi al coronavirus nelle residenze per anziani. È bene dunque riproporre quanto scrivevano i segretari regionali di SPI CGIL, FNP CISL e UILP UIL in un comunicato ripreso da VareseNews: “La diffusione incontrollata del virus all’interno delle RSA potrebbe compromettere seriamente la salute già precaria di molti ospiti, oltre che mettere a grave rischio il lavoro del personale che presta assistenza ai ricoverati. I vecchi – scrivevano Valerio Zanolla, Emilio Didonè e Giuseppe Ippolito, segretari generali delle tre sigle sindacali – sono le persone più indifese e sole di fronte all’aggressione del virus, lo continuano a ripetere gli esperti, e la convivenza di persone Covid e non-Covid va esclusa dappertutto”.
Nel comunicato si legge anche: “Gli stessi protocolli individuati dalle recenti ordinanze Covid-19 limitano visite e contatti con i parenti nelle Rsa. Al riguardo, da giorni si rincorrono notizie preoccupanti, rilanciate anche da stampa e da TV nazionali e locali, di focolai che si stanno sviluppando nelle case di riposo”. Avvertivano ancora i sindacati: “La rapida e incontrollabile diffusione del contagio fa intuire che forse qualcosa ancora sfugge nella conoscenza dei suoi meccanismi di propagazione. Pertanto, la diffusione del virus all’interno di queste strutture potrebbe compromettere la vita di molti degli ospiti”.
Infine: “Non possono essere le Rsa con presenti ospiti anziani a maggiore rischio ma occorre individuare urgentemente luoghi da adeguare e strutturare per garantire cure e livelli essenziali di assistenza secondo i protocolli messi in campo dall’Istituto superiore della sanità. La competenza scenda in campo: ospedali da campo e dismessi da poco, caserme in disuso, padiglioni di fiere, alberghi vuoti, Rsa svuotate da ospiti, altre soluzioni. Per questo chiediamo che questa decisione sulle Rsa sia ripresa in considerazione, e siano individuate alternative più sicure”. Questo comunicato è importante per una riflessione molto seria e profonda sui numeri: se dalle statistiche dei morti totali in Italia per coronavirus si sottraessero i poveri anziani deceduti nelle Rsa – sarebbero potuti essere evitati? – l’Italia risulterebbe in linea con i numeri degli altri Stati.
La responsabilità della Regione Lombardia sarebbe dunque gravissima. Inoltre, da quanto riporta oggi (18 aprile 2020) La Stampa: “L’allarme dal ministero scattò già a gennaio, ma la Lombardia non informò i medici di base. Un mese prima di Codogno, Roma avvertì la Regione del pericolo. Il presidente dei medici di base di Milano fa sapere: ‘Nessuno ci ha avvisato'”. Ad oggi risultano morte in Italia 22.745, di cui 11851 solo in Lombardia. Ad aggravare la posizione della Regione arrivano anche i dati ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità.
L’ISS spiega: “Dai dati risalta come la maggior parte dei decessi osservati nello studio (addirittura il 43% in Lombardia) si concentri a marzo, specialmente nelle seconde due settimane”, cioè quelle in cui i pazienti covid positivi sono stati trasferiti nelle Rsa. Come si diceva prima, se alla drammatica cifra dei deceduti totali in Lombardia viene sottratto il numero dei deceduti nelle Rsa arriveremmo ad avere un numero di morti nettamente inferiore.
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