A partire da maggio, Jens Weidmann sarà presidente della Bundesbank per altri otto anni. Dopo le indiscrezioni apparse sulla Sueddeutsche Zeitung, un portavoce del ministero delle Finanze tedesco conferma che la scelta, che dovrà passare il vaglio del governo, è stata quella di “riconfermare l’attuale capo della Bundesbank”. Dal ministero, e questo è il tassello strategico fondamentale, invitano anche a non trarre conclusioni per l’altra grande partita che si gioca quest’anno…
La riconferma, infatti, non significa che Weidmann non sia più in pista per la presidenza della Bce. Questo incarico, infatti, sembra il più ambito dalla Germania. La riconferma, dunque, suona solo come un diversivo.
L’incarico dell’attuale presidente Mario Draghi scade alla fine di ottobre di quest’anno ed il governatore di Banca di Francia Francois Villeroy de Galhau è visto da molti in pole position. La Germania, però, non vuole mollare la presa e schiera in campo il suo candidato di peso. Non sarebbe una sorpresa se la nuova guida della BCE andasse alla Germania. Dopo la nomina del ministro delle finanze spagnolo Luis de Guindos al ruolo di vicepresidente, in molti credono che ci siano maggiori probabilità che il prossimo presidente venga da un paese dell’Europa settentrionale per questioni di equilibrio.
E se fosse così, la nomina di Weidmann è praticamente scontata. Questo porta gli analisti a parlare di una prospettiva più aggressiva per la politica monetaria europea rispetto a quella portata avanti attualmente da Mario Draghi.
Jens Weidmann può vantare un curriculum impressionante. Nel 2011 è diventato il presidente più giovane che la Bundesbank abbia mai avuto. In quanto tale, è membro del Consiglio direttivo della BCE da allora. Dal 2015 dirige anche il Consiglio di amministrazione della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) a Basilea. Durante sua carriera è passato anche per la Cancelleria federale tedesca e il Fondo Monetario Internazionale.
È quasi impossibile mettere in campo una politica monetaria adatta a tutti, in un’unione monetaria così eterogenea come quella della zona euro. Gli interessi di Germania e Italia, ad esempio, non potrebbero essere più divergenti sulle questioni relative al controllo dei tassi di interesse o all’acquisto di obbligazioni corporate o pubbliche.
Weidmann appartiene ai critici più accaniti della politica monetaria non convenzionale di Draghi. Già nel settembre 2011 ha preso le distanze dagli acquisti di obbligazioni della BCE. Inoltre ha criticato i prestiti di salvataggio dell’EFSF e dell’ESM. Nel settembre 2012 è stato responsabile dell’unico “no” del Consiglio direttivo della BCE all’acquisto illimitato di titoli di Stato. In termini di politica monetaria, può essere visto come una specie di anti-Draghi, per anni in opposizione alla maggioranza del Consiglio e al presidente.
Da sempre vuole mantenere più alta possibile la pressione sull’Europa periferica. Può essere messo in dubbio il fatto che Jens Weidmann sia adatto alla carica di presidente della BCE: è quantomeno discutibile pensare che l’euro sarebbe ancora in piedi nella sua forma attuale qualora Weidmann fosse diventato presidente della BCE al posto di Draghi nel 2011…
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