Insulti, minacce e pressioni: Matteo Dall’Osso alla fine ha denunciato quasi 200 attivisti del Movimento 5 Stelle. Sui suoi profili social e su pagine pubbliche vicine al partito di proprietà della Casaleggio Associati è stato riempito di ingiurie a causa del suo passaggio a Forza Italia, avvenuto nel dicembre scorso dopo che il Governo aveva bocciato un suo emendamento in sostegno alle persone affette da disabilità. Dall’Osso, affetto da sclerosi multipla, ha deciso di cambiare partito perché si è sentito tradito e abbandonato dai suoi ex compagni, “colpevoli” di averlo utilizzato in quanto disabile per attrarre i voti, per poi scaricare lui e le sue istanze.
Tra i tanti che il deputato adesso vuole portare in tribunale, spiccano i nomi eccellenti di Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Marco Travaglio, il deputato Massimo Baroni e la senatrice Sara Paglini. Nelle ore in cui si consuma la rottura tra Dall’Osso e il Movimento 5 Stelle, il vicepremier Luigi Di Maio gli invia dei messaggi Whatsapp per chiedere con una certa insistenza un incontro chiarificatore.
“Non fare cazzate”, “Credimi non fare cazzate”, “Ne uscirai a pezzi da sta storia”, “Fidati”, “Ritira quella lettera”, gli scrive Di Maio. Dall’Osso non risponde ai messaggi del capo, la decisione ormai è presa. Il caso attraversa tutti i canali interni del Movimento e sui social network parte la gogna mediatica contro il “traditore”: “Chiedi la scorta, brutto infame”, “spero che muori presto fetente”, “stai contando il gruzzoletto….brutto stronzo?”, “Il tuo handicap non è negli arti superiori ed inferiori, ma solo nel tuo cervello bacato… Spero solo che la SLA non ti porti via presto come ha fatto con mia suocera, ma spero che camperai per molti anni navigando tra villa Arcore e le Olgettine che potranno solo cambiarti il pannolone”.
Questi alcuni dei messaggi e dei commenti che compaiono nel fascicolo depositato in procura. L’accusa che molti muovono a Dall’Osso è di aver cambiato casacca in cambio di soldi, tesi stimolata da un post di Beppe Grillo che, senza citare il nome del deputato, scrive: “Offro il doppio di qualunque cifra possa offrire Silvio Berlusconi per l’acquisto di parlamentari in saldo”.
Alessandro Di Battista, in quelle ore, contatta con insistenza il deputato con decine di messaggi whatsapp dai toni paternalistici: “Ciao Matteo, sono ale dibba, cosa è successo amico mio?”, “cioè nemmeno 5 anni di amicizia meritano una risposta?”. Dall’Osso si lamenta con l’esponente di punta del Movimento per le accuse del comicoleader, ma l’ormai “travel blogger” dei grillini non accetta spiegazioni e inizia a scrivergli messaggi a raffica: “Ha fatto strabene Beppe. Ti sei bevuto il cervello? Cioè rinneghi ogni cosa fatta e detta per tutta la tua vita?”.
E ancora: “Matteo sei ancora in tempo per tornare sui tuoi passi e dire ho fatto una cazzata”, “Cioè stai rinnegando la tua vita. Rifletti amico mio. Un caro saluto”. E ancora: “Se non ti piace il movimento prendi e ti dimetti. E fai le battaglie da fuori. Non te ne vai con il partito fondato dai mafiosi. Rifletti amico mio. Così perdi tutta la tua lotta e non la recupererai più. Quel palazzo fa male. Fa impazzire. Sono davvero contento di non starci più dentro”.
Dall’Osso risponde che continuerà le sue battaglie in Parlamento presentando emendamenti. A quel punto Di Battista sbotta: “Ma falla finita Matteo. A me non mi prendere per il culo. Io per te ci sarò sempre. Ma devi tornare a prendere decisioni da uomo. La dignità non ha prezzo”. E ancora: “Ne riparleremo tra qualche anno quando ti vedrai indietro e capirai che un conto in banca più corposo non vale ciò che hai perso. Buona vita Matteo”, “Stai sfidando solo la tua coscienza. Se ancora ne hai una. Quando uscirai da quel palazzo te ne renderai conto”.
Una querela per diffamazione è stata poi depositata contro il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, che nell’articolo dal titolo “MediaShopping” pubblicato l’11 dicembre 2018, lascia intendere che Dall’Osso sia passato a Forza Italia unicamente per un ritorno economico. Con le denunce depositate, i legali del deputato sperano di ottenere delle condanne che facciano giurisprudenza: l’odio, quello che viaggia sui social network, verrebbe incitato e promosso in forme dirette e indirette dagli stessi esponenti di punta del partito della Casaleggio Associati, che diventerebbe – in questo modo – un vero e proprio vettore d’odio.
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