Bambino muore di tumore a 5 anni, a processo dirigenti ex Ilva. Lorenzo Zaratta, detto Lollo, aveva solo tre mesi quando si ammalò di tumore al cervello. Nel 2014, a soli cinque anni, se n’è andato. Sei ex dirigenti dell’ex Ilva andranno a processo per la sua morte. La Corte d’Appello di Lecce ha accolto il ricorso del pubblico ministero e della famiglia del bambino. Sei dei dipendenti dell’ex Ilva affronteranno il processo con l’accusa di omicidio colposo. Avrebbero consentito la dispersione di sostanze nocive e per non aver adottato le misure di prevenzione necessarie. Alcuni di loro ricoprivano ruoli di responsabilità nello stabilimento di Taranto. Un altro imputato è stato assolto nel processo preliminare, ma la procura ha proposto appello. Durante l’udienza preliminare ascoltati i consulenti delle parti, i quali hanno espresso pareri contrastanti riguardo alla correlazione tra l’astrocitoma e l’inquinamento. Il processo è previsto per ottobre davanti alla giudice Anna Lucia Zaurito.
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Lorenzo Zaratta, bambino, muore a 5 anni. A processo dirigenti ex Ilva
Per Lollo, morto di tumore a 5 anni, a processo sei ex dirigenti Ilva per omicidio colposo. Sei ex dirigenti dell’ex Ilva saranno processati per la morte di Lorenzo Zaratta. Un bambino deceduto a causa di un tumore al cervello diagnosticato quando aveva solo tre mesi. La Corte d’Appello di Lecce ha accolto il ricorso del pubblico ministero Mariano Buccoliero. E della famiglia del bambino, che è diventato un simbolo dell’inquinamento a Taranto.
Otto dipendenti dell’ex Ilva inizialmente prosciolti dal giudice per l’udienza preliminare Pompeo Carriere con la formula “perché il fatto non sussiste”. La procura di Taranto ha proposto un appello per sei di loro. Marco Andelmi, Ivan Di Maggio, Salvatore De Felice, Salvatore D’Alò, Giovanni Valentino e Luigi Capogrosso. Il collegio composto dai giudici Giovanna De Scisciolo, Luciano Cavallone e Paola Rosalia Incalza ha accolto l’appello. I sei ex dirigenti affronteranno quindi il processo con l’accusa di omicidio colposo.
Il nodo della diffusione di polveri sottili
Secondo il pubblico ministero, gli imputati hanno permesso la diffusione di polveri e sostanze nocive derivanti dalle lavorazioni. Omettendo di adottare le misure di prevenzione necessarie contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Questo avrebbe contribuito a causare una grave malattia neurologica a Zaratta. Che ha assorbito le sostanze velenose durante lo stato fetale, sviluppando una malattia neoplastica che lo ha portato alla morte.
All’epoca dei fatti, Capogrosso era direttore dello stabilimento di Taranto, Andelmi era responsabile dell’area parchi minerali, Di Maggio dell’area cokerie, De Felice dell’area altiforni. D’Alò e Valentino erano responsabili delle due acciaierie. Altri due imputati non sono coinvolti nell’appello davanti al giudice per l’udienza preliminare a causa di un errore nei capi d’imputazione.
L’inquinamento ambientale a Taranto
Durante l’udienza preliminare, Angelo Cavallo, all’epoca responsabile dell’area agglomerato, assolto perché il fatto non sussiste. Aveva scelto il rito abbreviato. La procura ha presentato un appello e l’impugnazione della sentenza sarà discussa davanti alla Corte d’Appello. A ottobre, nello stesso mese in cui è fissato l’inizio del processo, previsto per il 2 ottobre davanti alla giudice Anna Lucia Zaurito.
Durante l’udienza preliminare, sono stati ascoltati tutti i consulenti delle parti. Il consulente della procura è Carlo Barone. Ha sostenuto che è scientificamente provato che le polveri possono raggiungere il feto. E che le particelle di dimensioni maggiori potrebbero essere aggregazioni di particelle più piccole. Il collegio difensivo, d’altra parte, ha evidenziato che lo stesso consulente ha confermato l’assenza di studi epidemiologici che collegano l’astrocitoma all’inquinamento.
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