Tensioni forti, nate dallo scontro tra il fronte dei sindaci dissidenti e il governo gialloverde. Oggetto del contendere, il dl sicurezza che alcuni Comuni rifiutano di applicare. Ma anche un pretesto, per molti primi cittadini, per far pesare il proprio nome e muoversi all’interno di quelle vaste macerie che oggi rispondono al nome di sinistra, con il Pd sempre più debole e sempre meno partito. Questa l’analisi di Marco Gervasoni sulle pagine de Il Messaggero, che parla di manovre “in vista delle primarie e delle europee”.
Nello stesso momento, è chiaro il loro tentativo di aprire una breccia nei 5 Stelle. Una strategia che però, secondo Gervasoni, non funzionerà. In primis perché attuata da quel “partito dei sindaci” che storicamente non è mai riuscito a imporsi e che comprende oggi soltanto esponenti del Pd in crisi.
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In secondo luogo, è vero che nel Movimento pentastellato i segnali di possibile crisi ci sono, a partire dal disagio con i cavalli di battaglia leghisti del contratto. Ma oggi come oggi a nessuno conviene accelerare i tempi. Di Maio non può infatti rischiare una crisi di governo prima delle elezioni europee di maggio e farà di tutto per tenere compatto il suo campo.
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In terzo luogo, “l’azione dei sindaci ribelli amplierà ulteriormente le fratture interne al Pd. Come possono coloro che si definiscono sinistra di governo seguire un’iniziativa tanto improvvida, così in contraddizione con i loro presupposti culturali, ancor prima che politici, per di più a rimorchio di figure neppure iscritte al Pd, come Orlando e De Magistris?”. A godere di questa situazione, sondaggi alla mano, sembra intanto solo e soltanto Salvini.
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