“Adesso siamo nei guai”. Così il deputato del Partito Democratico, Stefano Ceccanti, commenta le parole con cui Sergio Mattarella ha di fatto chiuso alla possibilità di una sua rielezione al Quirinale. Il presidente della Repubblica annuncia la sua rinuncia al bis durante la cerimonia di commemorazione dei 20 anni dalla morte del suo predecessore Giovanni Leone. Mattarella cita sia Leone che un altro ex presidente, Mario Segni, per sbattere la porta in faccia alle speranze dei partiti che speravano di trovarsi di fronte un nuovo Giorgio Napolitano.
Giovanni Leone, come Antonio Segni, chiese “la non rieleggibilità del presidente della Repubblica con l’eliminazione del semestre bianco”. Così parla Sergio Mattarella durante la cerimonia di commemorazione al Quirinale del presidente Leone, in carica dal 1971 al ‘78 e deceduto nel 2001. Mattarella ricorda il messaggio sulle riforme costituzionali che Leone inviò alle Camere il 15 ottobre del 1975. Messaggio “ritenuto dai giuristi uno dei maggiori interventi sulle riforme istituzionali”.
Insomma, un segnale forte e chiaro del fatto che il presidente uscente non ci pensa proprio a seguire la strada di Giorgio Napolitano, eletto prima dal 2006 al 2013, e poi come ‘traghettatore’ fino al 2015. Per chi non avesse recepito la sua volontà, Mattarella cita pure Segni. L’allora inquilino del Colle, aveva già specificato nel febbraio scorso, nel 1963 espresse “la convinzione che fosse opportuno introdurre in Costituzione il principio della non immediata rieleggibilità del presidente della Repubblica”.
Le prime reazioni delle forze politiche a questa notizia sono di smarrimento e stupore. “Adesso siamo nei guai tutti. Perché tutto il Parlamento è balcanizzato”. Commenta sconsolato il Dem Ceccanti che, solo poche ore prima, aveva invece pronosticato che “dopo la decima votazione a vuoto, saliranno tutti al Colle per chiedere a Mattarella di restare”. Ipotesi che, alla luce delle parole del presidente, sembra sempre più remota.
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