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Non solo app. Come una città diventa smart

Non basta (più) un’app per rendere una città intelligente. Una città diventa smart se c’è verde, accoglienza, legalità e gestione condivisa degli spazi pubblici. Questi i dati dell’indagine IcityRate 2016 che ha fotografato la smartness delle città d’Italia. Con tante conferme e, soprattutto, tante sfide per il futuro.
L’indagine ICityRate 2016 è stata realizzata da Edizione Fpa, su coordinamento di Gianni Dominici e curatela di Valentina Piersanti e Massino La Nave. Sono stati analizzati in tutto 106 comuni capoluogo, valutando e incrociando 105 indicatori statistici e non più 84, come nell’edizione 2015. Tutti gli indicatori sono stati raccolti in sette diverse variabili: economy, living, environment, people, mobility, governance e legality. Dunque, non è più sufficiente avere un gran numero di starp up, infrastrutture per la mobilità sostenibile e sistemi on line per l’accesso ai servizi comunali. Una città è davvero smart se è capace di gestire l’accoglienza degli immigrati (indicatore peolpe), offrire spazi per la creatività giovanile (living) e mantenere bassi gli indici di corruzione e criminalità (legality). Una città smart, dunque, si configura sempre più come una città del benessere economico e tecnologico ma anche sociale e solidale.
Città diventa smart

Quali sono allora le città più smart d’Italia? Milano è prima e, a seguire Bologna e Venezia, che scalza quest’anno Firenze. Nelle prime venti posizione ci sono solo città settentrionali, a conferma di un sistema urbano del nord fortemente proiettato verso modernità, innovazione e partecipazione. Roma è solo 21° e Napoli è in coda alla classifica, alla 89esima posizione. Nonostante l’enorme ed atavico divario fra nord e sud, alcune città meridionali dimostrano una certa effervescenza e, rispetto all’anno scorso, hanno migliorato qualità e quantità dei servizi a disposizione del cittadino. Buone performance in particolare da Matera, Pescara, Bari e Potenza.

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