Uno dei dilemmi più antichi, da sempre, nel mondo della politica. Il rapporto tra padri e figli, una relazione che finisce sotto la lente di ingrandimento quando il genitore di turno finisce per trovarsi nei guai con la legge. E che aveva visto, per esempio, Matteo Renzi sì difendere Tiziano dalle accuse degli altri, ma anche sottolineare puntuale che se fosse stato ritenuto colpevole per lui sarebbe stata giusta una “pena doppia”. Oggi, al centro della scena c’è la famiglia Di Maio, non i primi pentastellati a trovarsi in una situazione così delicata.
Il Corriere della Sera ricorda infatti come prima di Giggino sia stato Alessandro Di Battista, l’uomo destinato a ereditare il trono a Cinque Stelle, a trovarsi a fare i conti con il padre Vittorio, famoso per aver offeso il presidente della Repubblica via Facebook con un paragone non proprio elegante tra la presa della Bastiglia e la presa del Quirinale. Oggi Di Maio deve difendersi dalle accuse mosse al genitore di aver fatto lavorare in nero degli operai nella ditta di famiglia, della quale è proprietario al 5o per cento. E ha scelto di farlo prendendo le distanze.
“Per anni non ci siamo neanche parlati, non c’è stato un bel rapporto” ha sottolineato Di Maio. Non proprio quello che ogni padre vorrebbe sentirsi dire in un momento così delicato. Maria Elena Boschi ha approfittato dello scandalo per togliersi qualche sassolino dalle scarpe, lei che era finita nella bufera per la nomina di Pier Luigi Boschi a vicepresidente dell’istituto di credito, due mesi dopo che la figlia era diventata ministro.Capita anche, però, che siano i genitori a trovarsi in imbarazzo, e non poco, per i figli. Pensare per esempio a Umberto Bossi, che si trovò a fare i conti con le continue esuberanze del figlio Renzo, ribattezzato il Trota, autore di spese pazze e in possesso di una laurea triennale “comprata in Albania” e di cui nessuno diceva di sapere niente.
“Lavoro in nero nella ditta del padre di Di Maio”. E arriva la risposta, balbettante