Il prezzo del petrolio tocca il punto massimo dell’ultimo anno. A spingere sul rialzo il rallentamento delle estrazioni negli Stati Uniti, l’aumento della capacità di raffinazione della Cina e la stima sulla domanda di petrolio che Goldman Sachs ha rivisto in crescita. Un mix di fattori, dunque, che ha portato il Brent a toccare i 48.90 dollari al barile (con un +1.71%) e il Wti a raggiungere un massimo di 47.14 dollari.
Petrolio, dalla saturazione al rialzo dei prezzi: un 2016 movimentato
Il 2016 è stato sin dal suo inizio un anno molto particolare per il greggio. Ultimamente la materia prima ha viaggiato su prezzi molto bassi, i quali hanno permesso ai consumatori di tirare un sospiro di sollievo alle pompe di benzina: un prezzo così basso della verde non si vedeva da molti mesi. Sono state diverse le variabili che hanno influito nelle basse quotazioni del semestre che ci si lascia alle spalle anche se oramai le previsioni della banca americana aprono a scenari molto diversi.
30 dollari al barile
E pensare che non è passato tanto tempo da quando il petrolio si preparava a toccare uno dei suoi punti di minimo, tanto che in molti analisti erano convinti che si sarebbe scesi fino ai 20 dollari al barile con conseguenze drammatiche per diverse economie, come Portogallo, Malesia, Arabia Saudita. Era un martedì di gennaio quando il greggio scese sotto i 30 dollari allarmando non di poco gli osservatori: da lì, il salto ai 20 dollari al barile avrebbe potuto essere considerata una realtà non troppo lontana.
Problemi di produzione
Colpa soprattutto della produzione che aveva già raggiunto i suoi livelli massimi dando luogo ad una vera e propria saturazione del mercato. Tuttavia l’incendio delle foreste avvenuto in Canada, il brusco stop alle attività estrattive del Kenya e il rallentamento della produzione su larga scala, stanno ora invertendo la rotta riportando il petrolio a un bene dalle disponibilità “non poi così illimitate”, e forse per questo Enel sta investendo anche sulle rinnovabili.
Viviana Bottalico