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Obsolescenza programmata, una necessità imposta dalla società dei consumi che può essere aggirata

L’obsolescenza programmata è un concetto non molto conosciuto, ma estremamente importante per le conseguenze produttive che comporta. In pratica, il sistema economico imperante, necessita di una continua stimolazione nei confronti della grande massa dei consumatori. Soltanto in questo modo, infatti, gli utenti saranno spinti ad acquistare in continuazione stimolando la domanda. Ove la pubblicità e le strategie di marketing non riescano a influenzare le mode, l’estrema ratio diventa la rottura o la scadenza del prodotto, tale da impedirne la riutilizzazione. Se il termine “obsolescenza programmata” può sembrare brutto, si può comunque utilizzare un sinonimo più elegante, lo stesso usato da designer, pubblicitari e progettisti, ovvero “ciclo di vita del prodotto”.
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Quando è nata l’obsolescenza programmata

Se pochi usano il termine obsolescenza programmata, ancora di meno sono coloro che ne conoscono la storia. Per ovviare alla lacuna si può ricorrere alla visione di “Comprar, tirar, comprar – La historia segreta de la obsolescencia programada”, un ottimo documentario realizzato da Cosima Dannoritzer, una regista iberica che spiega passo dopo passo perché si sia arrivati a programmare la fine del ciclo di vita di un prodotto. Lo fa prendendo come esempio la vicenda della lampadina a incandescenza, che dalle mille ore di autonomia iniziali, era passata con il trascorrere degli anni a una durata più che doppia. Una progressione che però non conveniva al comparto produttivo in questione, che pensò bene di dare vita ad un vero e proprio cartello, il quale arrivò ben presto alla risoluzione di colpire chi avesse deciso di produrre lampadine capaci di durare oltre le mille ore.


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Il riutilizzo come rimedio all’obsolescenza programmata degli smartphone

Uno dei settori più vitali in assoluto è quello della telefonia mobile. Ad ogni cambio di stagione gli ultimi modelli di smartphone in arrivo provvedono a spingere quelli esistenti fuori dal mercato, abbreviandone quindi il ciclo di vita, prima ancora che si giunga all’obsolescenza programmata.
In questo caso, però, si può senz’altro arrivare a quel cambio di prospettiva indicato da Serge Latouche, proprio nel documentario, facendo perno sul riutilizzo. In pratica, invece di buttare il vecchio prodotto, lo si può tranquillamente riciclare per usi diversi da quello originario. In molti casi il riciclo dei vecchi modelli viene attuato favorendone il passaggio di mano in famiglia, magari donandoli ai genitori. Sono possibili anche altre soluzioni però, spesso anche vantaggiose, come la vendita online, partendo proprio da eBay, la piattaforma dedicata alla compravendita degli oggetti più disparati. Oppure si può pensare di approfittare di una delle numerose promozioni da parte delle case produttrici, che offrono di permutare il vecchio modello con un nuovo dispositivo, pagando la differenza. Prima di disfarsi del vecchio smartphone, sarebbe però sempre il caso di sincerarsi del funzionamento di quello nuovo, cercando di capire se rappresenti effettivamente un passo in avanti. E’ anche possibile trasformare il vecchio modello in un telecomando per il televisore, molto più funzionale di quello ad esso accluso.Per riuscirci basta scaricare alcune applicazioni dall’Apple Store, che sono in grado di implementarne le prestazioni in tal senso.

Obsolescenza programmata

Risorse da rinnovare, non scarti

In definitiva, dunque, l’obsolescenza programmata può essere combattuta, soprattutto se si decide di uscire da una logica puramente consumistica, nella quale diventa necessario avere l’ultimo modello di un prodotto, prescindendo dalla sua effettiva validità. Per farlo, occorre però iniziare a pensare in termini non più di scarto, ma di risorsa da rinnovare, senza cedere ai richiami della pubblicità.

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