Pablo Neruda è morto avvelenato. Non fu il cancro alla prostata ad uccidere il grande poeta cileno, ma “una grande quantità di chloristridium botulinum, incompatibile con la vita umana”, tossina trovata nel suo corpo dagli esperti di medicina forense canadesi, danesi e cileni incaricati di far luce sulla scomparsa dell’artista.
Dopo quasi 50 anni si scopre la verità sul poeta: a svelarla è il nipote di Neruda, Rodolfo Reyes, che all’Associated Press, Reyes ha confermato la presenza di una potente tossina, in grado di causare la paralisi del sistema nervoso e la morte, nel corpo riesumato del premio Nobel.
Già nel 2017 il gruppo di scienziati forensi che ha esaminato i resti di Neruda aveva riscontrato la presenza di una tossina nelle ossa del defunto poeta e in un molare. Da successive analisi è emerso che il veleno sarebbe stato somministrato al grande poeta mentre era vivo: da anni il suo autista, Manuel Araya, sostiene che il premio Nobel cileno, venuto a mancare a 69 anni in circostanze mai chiarite durante i giorni che seguirono al colpo di Stato dell’11 settembre 1973 in Cile, fu una delle vittime della dittatura del generale Augusto Pinochet e che morì a causa di una “iniezione nello stomaco” ricevuta nella clinica in cui era stato ricoverato perché malato di cancro.
“Adesso sappiamo che il clostridium botulinum non avrebbe dovuto essere presente nelle ossa di Neruda e che è stato assassinato nel 1973 da agenti dello Stato cileno” ha detto Rodolfo Reyes. Il poeta premio Nobel, infatti, era considerato vicino al presidente socialista Salvador Allende, deposto dal colpo di Stato dei militari di Pinochet.