Luca Palamara apre il vaso di pandora. E racconta – in una lunga intervista all’HuffingtonPost – il meccanismo che ha governato negli ultimi anni l’assegnazione degli incarichi ai magistrati. Soprattutto di quelli più importanti, soprattutto delle procure. “Dietro ogni nomina c’è una cena”. E poi un accordo e una serie di discussioni, in cui la politica prova a fare la sua parte, ma sa che alle correnti spetterà l’ultima parola. Il pubblico ministero, oggi sospeso e al centro dell’inchiesta della procura di Perugia sulle nomine delle toghe, spiega: “Tante volte è successo che le nomine siano state negoziate prima che arrivassero nella loro sede naturale: la quinta commissione del Csm e poi il plenum. Il trojan ha fotografato un accordo tra due gruppi. In questo caso erano Magistratura Indipendente e Unicost. Bisogna vedere cosa fanno gli altri”.
È passata quasi una settimana dall’espulsione dall’Associazione nazionale magistrati, il sindacato delle toghe. E appena una giornata dall’annuncio del procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, della richiesta di un provvedimento disciplinare per il magistrato e per altre nove toghe in qualche modo coinvolte nella vicenda che sta travolgendo il potere giudiziario italiano. Palamara racconta la sua versione: “Ha presente il manuale Cencelli? Ecco, noi lo usavamo stabilire gli incarichi, ma assicuro di aver sempre spinto per i più bravi”.
Lei negli ultimi giorni ha sottolineato più volte di non voler fare da capro espiatorio. Di essere stato parte di un sistema: “Per raccontare il meccanismo, ordinario, con cui si trattava per scegliere i magistrati da destinare agli incarichi. Il trojan, ferme restando le tutte eccezioni di inutilizzabilità, quando ha registrato la riunione all’Hotel Champagne, ha fotografato l’attività tipica delle associazioni dei magistrati: quella di negoziare gli incarichi. Stabilire quale magistrato mandare in un posto e quale in un altro”.
Un’affermazione – quella di Palamara – che non deve essere molto facile da digerire per un cittadino che ha tutt’altra idea della magistratura. Ci sono state altre “cene”? “Vuole sapere quante cene o incontri ho fatto dal 2007 ad oggi? Vede, dietro ogni nomina ci sono cene, discussioni, accordi tra correnti. Questo deve essere chiaro: non si muove foglia che corrente non voglia. La politica incide nelle nomine? Partiamo dal presupposto che il ruolo preponderante lo hanno i magistrati, anzi, le correnti. Ma la politica vuole contare. I laici al Csm vogliono contare. E, lo ricordo, questi ultimi sono eletti dal Parlamento. Dalla politica. Non dimentichiamo che gli ultimi vicepresidenti del Csm sono stati dei politici”.
Spiega ancora Palamara: “Il cittadino deve sapere che se ad un certo punto c’erano otto nomine da fare per la Cassazione, si decideva che dovessero essere spartite tra le correnti. La mancata nomina di Di Matteo? In quel caso è stato penalizzato perché non apparteneva a una corrente. Ci sono tanti magistrati che non hanno mai fatto parte di questo sistema. Non hanno mai usato una corrente per avere un incarico. Ed è a loro che dobbiamo chiedere scusa, oltre che ai cittadini”.
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