Tante ombre, poche luci. Luca Palamara è stato radiato dalla magistratura. Rimosso dall’ordine giudiziario perché ha commesso illeciti disciplinari “di elevatissima gravità”. Perché è stato, lo ha detto la procura generale della Cassazione durante la requisitoria, “regista e organizzatore della strategia sulle nomine” dei vertici delle più importanti procure italiane. La decisione del collegio di Palazzo dei Marescialli è arrivata intorno alle 13. La procura generale della Cassazione ieri ha chiesto la sanzione più grave che la legge prevede per un magistrato. Il diretto interessato non ha parlato in aula, ma nel pomeriggio ha tenuto un intervento nella sede di Radio Radicale: “Porto e porterò sempre la toga nel cuore – ha detto – pago io per tutti”.
È stato anche annunciato il ricorso alle Sezioni unite civili della Cassazione e, eventualmente, alla Corte europea dei diritti dell’uomo: “Non voglio assolutamente assumere il ruolo di vittima – ha continuato – state tranquilli, così come non voglio abbattermi rispetto a quello che è accaduto oggi, il mio impegno sarà di battermi per la verità”. Sui fatti dell’hotel Champagne ha continuato: “23 anni di carriera sono stati messi in discussione per una cena”.
Poi Palamara ha pronunciato altre parole di fuoco: “Loro sono peggio di me. Chi mi insulta mi cercava fino a ieri…”. Eppure quell’incontro, per la procura generale della Cassazione, rappresenta “un ‘unicum’ nella storia della magistratura italiana”. Stando a quanto sostiene invece Palamara sarebbe la norma. Ma si vorrebbe nascondere la polvere sotto al tappeto. L’avvocato di Palamara, Stefano Giaime Guizzi, appresa la decisione ha affermato di non ritenere che si sia trattato di un verdetto politico, e di rispettare la scelta del giudice.
E ora di quella che il presidente dell’Anm, Luca Poniz, ha definito “notte della magistratura” restano gli strascichi. Il Csm dovrà valutare ancora varie posizioni di giudici – primi tra tutti gli ex consiglieri del Csm che hanno partecipato alla riunione all’hotel Champagne – e decidere se sanzionarli o no. Palamara ribadisce da qualche mese: “Non ho agito da solo. Ero parte di un sistema”.
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