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Papa Francesco: “Sto con i braccianti agricoli sfruttati. La dignità va rispettata”

Papa Francesco scende di nuovo in campo in difesa dei lavoratori. Lo fa ancora oggi, nel corso dell’udienza generale del mercoledì, al termine di una catechesi tenuta in streaming dalla biblioteca del palazzo apostolico in Vaticano: “Ho ricevuto diversi messaggi riferiti al mondo del lavoro e ai suoi problemi. In particolare, mi ha colpito quello dei braccianti agricoli, tra cui molti immigrati, che lavorano nelle campagne italiane. Purtroppo tante volte vengono duramente sfruttati. È vero che c’è crisi per tutti, ma la dignità delle persone va sempre rispettata. Perciò accolgo l’appello di questi lavoratori e di tutti i lavoratori sfruttati e invito a fare della crisi l’occasione per rimettere al centro la dignità della persona e del lavoro”.

Il Papa si schiera ancora una volta in favore dei lavoratori meno tutelati, facendo proprie lettere e missive ricevute pochi giorni fa, in occasione della festa del primo maggio. Come riporta Repubblica, già il 28 aprile scorso il Vaticano aveva affrontato il tema dei braccianti, dopo aver ricevuto una lettera da parte del segretario generale della Fai Cisl, Onofrio Rotas, che aveva chiesto conforto e incoraggiamento per i lavoratori della filiera e per sottoporre il tema della regolarizzazione dei braccianti irregolari come priorità.

In una lettera di risposta firmata dalla Segreteria di Stato vaticana si era letto che “è certamente condivisibile la necessità di venire incontro a quanti, privati di dignità, avvertono in modo più acuto le conseguenze di un’integrazione non realizzata, venendo ora maggiormente esposti ai pericoli della pandemia”. E ancora: “È dunque auspicabile che le loro situazioni escano dal sommerso e vengano regolarizzate, affinché siano riconosciuti ad ogni lavoratore diritti e doveri, sia contrastata l’illegalità e siano prevenute la piaga del caporalato e l’insorgere di conflitti tra persone disagiate”.

Oggi Francesco fa proprie le istanze di una categoria in difficoltà. Così come aveva fatto anche altre volte, non soltanto da Pontefice ma anche da arcivescovo di Buenos Aires. Lo scorso 12 aprile, ad esempio, aveva firmato una lettera ai movimenti popolari nella quale scriveva: “Voi, lavoratori precari, indipendenti, del settore informale o dell’economia popolare, non avete uno stipendio stabile per resistere a questo momento e la quarantena vi risulta insopportabile. Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili compiti che svolgete; un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti”.

 

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