La nuova enciclica di papa Francesco firmata sabato ad Assisi e pubblicata domenica dopo l’Angelus non contiene nulla di nuovo né offre spunti di riflessione particolarmente innovativi. È lo stesso Pontefice a premetterlo nell’introduzione, quando scrive che “Fratelli tutti” è un approfondimento di temi già toccati durante questi sette anni e mezzo di pontificato. Papa Francesco è preoccupato dai segni della storia “di un ritorno all’indietro”. “Si accendono – scrive – conflitti anacronistici che si ritenevano superati, risorgono nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi. In vari Paesi un’idea dell’unità del popolo e della nazione, impregnata di diverse ideologie, crea nuove forme di egoismo e di perdita del senso sociale mascherate da una presunta difesa degli interessi nazionali”. È il vade retro del Papa ai populisti. Sono loro il bersaglio grosso di “Fratelli tutti”. “La buona politica -scrive Francesco – è un’altra cosa”.
Il capitolo che merita qualche riflessione in più rispetto agli altri è proprio il quinto, ambiziosamente intitolato “La migliore politica”. Qui il Papa attacca in modo frontale il “populismo”, origine di buona parte dei mali della società odierna. Scrive: “Negli ultimi anni l’espressione ‘populismo’ o ‘populista’ ha invaso i mezzi di comunicazione e il linguaggio in generale. Così essa perde il valore che potrebbe possedere e diventa una delle polarità della società divisa. Ciò è arrivato al punto di pretendere di classificare tutte le persone, i gruppi, le società e i governi a partire da una divisione binaria: ‘Populista’ o ‘non populista’”.
La fraternità, per il Papa, è da promuovere non solo a parole, ma nei fatti. Fatti che si concretizzano nella “politica migliore”, quella non sottomessa agli interessi della finanza, ma al servizio del bene comune, in grado di porre al centro la dignità di ogni essere umano e di assicurare il lavoro a tutti, affinché ciascuno possa sviluppare le proprie capacità. Una politica che, lontana dai populismi, sappia trovare soluzioni a ciò che attenta contro i diritti umani fondamentali e che punti ad eliminare definitivamente la fame e la tratta. Insieme, Francesco sottolinea che un mondo più giusto si raggiunge promuovendo la pace, che non è soltanto assenza di guerra, ma una vera e propria opera “artigianale” che coinvolge tutti.
Legate alla verità, la pace e la riconciliazione devono essere “proattive”, puntare alla giustizia attraverso il dialogo, in nome dello sviluppo reciproco. Di qui deriva la condanna che il papa fa della guerra, “negazione di tutti i diritti” e non più pensabile neanche in una ipotetica forma “giusta”, perché ormai le armi nucleari, chimiche e biologiche hanno ricadute enormi sui civili innocenti. Forte anche il rifiuto della pena di morte, definita “inammissibile”, e centrale il richiamo al perdono, connesso al concetto di memoria e di giustizia: perdonare non significa dimenticare, scrive il Pontefice, né rinunciare a difendere i propri diritti per custodire la propria dignità, dono di Dio.
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