Una crepa sempre più ampia, quella che si sta aprendo tra il Pd e il Movimento Cinque Stelle. Divisi da innumerevoli punti, come era prevedibile aspettarsi fin dall’inizio dell’esperienza comune di governo, ma soprattutto ora distanti sulla figura del premier Giuseppe Conte. Ai dem continua a non piacere la spettacolarizzazione che il presidente del Consiglio porta avanti della sua persona e delle sue decisioni: dalla convocazione degli Stati Generali al taglio dell’Iva, un crescendo che ha fatto storcere parecchi nasi.
L’ipotesi di un “ritocco” al ribasso dell’Iva, sebbene a tempo, lanciata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla chiusura del gran consulto di Villa Pamphili e riproposta nelle ultime ore con insistenza non è piaciuta. Ai dem, come già detto, che non si sono fatti avanti per manifestare apprezzamento, colpiti ancora una volta in negativo dalla gestione personalistica del premier. E dai Cinque Stelle, a loro volta freddi. In compenso, udite udite, è arrivata l’apertura di parte delle opposizioni, Salvini compreso.
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L’idea, scrive Repubblica, ha spiazzato un po’ tutti. Gli unici ad esserne al corrente erano le categorie incontrate durante gli Stati generali, Confcommercio e il suo presidente Carlo Sangalli in primis. Gli altri ministri non ne conoscevano i dettagli e sono rimasti alquanto piccati nel leggere le agenzie. Un passaggio che d’altronde lascia perplessi: sarebbe accolto molto favorevolmente dai cittadini, ma comporterebbe un mancato introito fiscale fra i 12 e i il 13,5 miliardi se i punti tagliati fossero tre, come in Germania, per le soglie più alte. Servono, insomma, valutazioni attente.
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Il Pd è stupito anche per un altro motivo, di opportunità: “E
ra proprio il caso di parlare di riduzione delle tasse nel pieno della battaglia con i frugali dell’Unione europea sul Recovery fund (che per l’Italia vale 172 miliardi)?”. Questa la domanda che circola. E chiama ancora una volta in causa Conte e la sua gestione dei tempi, dei modi, degli equilibri interni a una coalizione sempre più fragile.
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