Anche le celebrità italiane stanno subendo gli effetti della crisi, ritrovandosi con pensioni piuttosto modeste, spesso inferiori ai mille euro mensili. La causa? Agenti poco trasparenti e normative superate, che portano a un risultato comune: le star incassano molto meno rispetto ai contributi versati durante la loro carriera. Le regole per il calcolo delle pensioni nel settore dello spettacolo seguono tre criteri principali. Il sistema pensionistico: fino al 1996 si applicava il metodo retributivo, con un’aliquota del 2% per ogni anno di contributi, calcolata sulla media delle migliori giornate lavorative. Dal 1996 in poi si passa al sistema contributivo.
Chi lavora nel mondo dello spettacolo versa contributi basati su un calcolo giornaliero. Ad esempio, i lavoratori a tempo determinato devono accumulare almeno 90 giorni di contributi all’anno per coprire un intero anno di lavoro, mentre i lavoratori stagionali devono arrivare a 260 giornate. Per i dipendenti a tempo indeterminato, invece, occorrono 312 giorni di contributi annuali. Le aliquote contributive per gli artisti ammontano al 33% del reddito percepito, come per i lavoratori dipendenti. Tuttavia, per ballerini e coreografi, l’aliquota sale leggermente al 35,7%.
Nonostante queste regole, molte star, soprattutto quelle con carriere brevi o discontinue, finiscono per ricevere pensioni ridotte. Esempi come Giucas Casella, che percepisce circa 800 euro mensili, Barbara Bouchet, che ha dichiarato di riceverne 511, o Enzo Paolo Turchi con una pensione di circa 740 euro, mostrano quanto sia complicato per molti ottenere una pensione adeguata.
Alcuni artisti, come Orietta Berti, riescono a integrare la pensione grazie ai diritti d’autore della SIAE, che forniscono un’entrata aggiuntiva. Tuttavia, anche dopo 50 anni di carriera, la pensione della Berti si attesta sui 900 euro, una cifra simile a quella di Pippo Baudo.