Matteo Salvini ha vinto le elezioni politiche 2018 al grido di “prima gli Italiani”. E sulla difesa (a suo dire) degli interessi nazionali italiani sta giocando una partita durissima con l’Europa, dalla questione migranti al superamento dei vincoli di bilancio. Partita in cui, secondo i sondaggi, per il momento risulta vincitore. E sulla difesa degli interessi nazionali, dalla questione migranti alla nazionalizzazione delle Autostrade, anche il Movimento 5 Stelle non è da meno. Insomma, i gialloverdi si sono presentati fin dalla campagna elettorale e poi ancor di più una volta confluiti nell’alleanza di governo come paladini della Patria e dell’interesse nazionale.
Fin qui tutto bene, o meglio, male. Perché se si parlasse di reale difesa dell’interesse nazionale non assisteremmo a prese di posizione e battaglie sul nulla o al massimo sul capro espiatorio di turno (migranti, Europa, moneta unica) contro cui scatenare tutta l’impotenza delle cosiddette sovranità nazionali. Se Salvini e Di Maio avessero davvero a cuore l’interesse nazionale cercherebbero di ricostruire un ruolo importante dell’Italia nel consesso europeo ed internazionale. Ma dalla vergognosa vicenda della Diciotti, una nave militare italiana “sequestrata” in un porto italiano, alla dichiarazione di non voler intervenire in seguito all’aggravarsi della crisi libica, tutto dimostra il contrario. Lega e M5S stanno lavorando per l’isolamento dell’Italia in Europa. Perché?
Perché inseguire sogni di un impossibile ruolo da grande potenza, flirtando con Trump e Putin? Salvini e Di Maio ignorano forse che Trump e Putin, seppur da posizioni diverse, puntano alla distruzione dell’Europa, come spazio politico ed economico. I due uomini politici più potenti della terra non hanno alcun interesse di “liberare” i singoli paesi europei dalle grinfie di Bruxelles. La strategia che stanno utilizzando è quella del progressivo indebolimento, per rendere i paesi europei ancora più marginali nello scacchiere geopolitico globale.
In un Paese dove la politica avesse ancora un senso, qualcuno dovrebbe chiedere conto a Salvini del fatto che la sua sedicente difesa dell’interesse nazionale italiano fa a pugni con la sua adesione alla fondazione (the Movement) di Steve Bannon, ideologo della campagna presidenziale di Trump. Chi è Steve Bannon? E’ un peso massimo della destra estrema statunitense ed organizzatore di una campagna unitaria delle forze nazionaliste e sovraniste alle prossime elezioni continentali che ha l’obiettivo di distruggere la costruzione europea. Per non parlare della politica di Trump sui dazi, con la quale il presidente USA sta colpendo e intende continuare a colpire interi settori commerciali in Italia ed Europa.
Ma il professor Conte, così puntiglioso e attento ai particolari, per difendere l’interesse nazionale italiano cosa aveva concordato con Trump nella sua prima visita ufficiale da Presidente del Consiglio a fine luglio? Nulla. Era stato un incontro da “pacche sulle spalle”, molto simile a quelli cui ci aveva abituato Silvio Berlusconi con il suo amico Putin. Trump si era affrettato a definire Conte un “outsider della politica”. Poi aveva subito portato a casa un impegno del governo italiano sul Tap, il gasdotto che dall’Azerbaijan dovrebbe portare il gas in Europa. Subito uno a zero per Trump dunque, considerato che il Movimento 5 Stelle è da sempre contrario alla realizzazione del gasdotto. E via libera a Salvini, che per sbloccare la vicenda Tap ha incontrato addirittura Tony Blair. L’ex leader laburista inglese, oggi consulente del gruppo che sta costruendo il Tap, conta proprio sull’appoggio di Salvini per convincere la parte recalcitrante del governo italiano ad allinearsi sul sì al progetto strategico per buona parte d’Europa ma anche per chi il gas lo produce, cioè l’amico Putin. Viva l’interesse nazionale.
Poi Conte aveva ottenuto non meglio precisate garanzie per le aziende italiane dell’agroalimentare nella discussione sui dazi, garanzie di cui non si è saputo più nulla. Come nulla si sa della “cabina di regia permanente” tra Washington e Roma per il Mediterraneo allargato in chiave di lotta al terrorismo, maggiore sicurezza, immigrazione. “L’idea è che Italia e Stati Uniti possano insieme farsi promotori e fautori della stabilizzazione del Paese nord africano”, scriveva il giorno dopo l’incontro un importante quotidiano italiano. Parole che stridono con le ultime prese di posizione di Matteo Salvini sulla Libia. “Escludo interventi militari perché non risolvono nulla, questo dovrebbero capirlo anche altri”. Chissà cosa ne pensa Trump.
E Putin? Il Cremlino sostiene non da ieri i movimenti populisti ed euroscettici. Il ministero degli Esteri russo ha accolto con ottimismo l’apertura alla Russia auspicata da Giuseppe Conte all’indomani del giuramento del governo M5S-Lega. «Le parole del premier italiano – aveva detto Mosca – manifestano la volontà di cooperare con il nostro Paese». Mosca sta gradualmente rafforzando la sua influenza in Europa, dove usa anche le esportazioni di gas come grimaldello. L’obiettivo? L’eliminazione delle sanzioni europee nei confronti della Russia per la crisi in Ucraina. Putin non ha mai goduto di così tanto consenso tra le forze politiche europee. Oltre alle simpatie di cui gode soprattutto in Austria presso il partito nazionalista Fpö di Heinz Christian Strache e in Svezia tra gli Svedesi Democratici c’è il rapporto sempre più stretto con la Lega di Matteo Salvini.
Salvini, sì, quello di “Prima gli italiani”. Il 6 marzo 2017, un anno esatto prima delle elezioni politiche in Italia, Salvini firmava un vero e proprio “contratto” con il partito di Vladimir Putin, Russia Unita. Nel lungo testo dell’accordo, alle enunciazioni di amicizia e collaborazione tra i due partiti, seguono precisi impegni che coinvolgono anche le Istituzioni dei due paesi. Lega e Russia Unita si impegnano infatti a “promuovere la creazione di relazioni tra i deputati della Duma di Stato dell’Assemblea Federale della Federazione Russa e l’organo legislativo della Repubblica Italiana” prevedendo anche “lo scambio di esperienze in attività legislative”. Ma è soprattutto l’articolo 1 del contratto a colpire per l’impegno che comporta da parte della Lega di Matteo Salvini. “Le Parti si consulteranno e si scambieranno informazioni su temi di attualità della situazione nella Federazione Russa e nella Repubblica Italiana, sulle relazioni bilaterali e internazionali”. Insomma, la Lega diventa il principale informatore della Russia di Putin per quanto riguarda non solo decisioni di politica interna ma anche sulle relazioni internazionali del nostro paese. Alla faccia di nazionalismo e difesa degli interessi nazionali italiani.