La domanda che è sorta spontanea a tutti è: cosa c’è dietro il rospo ingoiato da Tria del 2,4%? Come mai il ministro si è abbassato a una figura barbina sia in Italia, sia Bruxelles? Essendo un professore, e non un politico, per ingenuità si è fidato delle assicurazioni di Mattarella e soprattutto di Conte. Credeva che il Capo di Stato e il premier gli avrebbero fatto da sponda contro le pretese assurde di Di Maio e Salvini. Tria ha tentato in tutte le lingue di far capire che un spread a 300 sarebbe l’inizio della fine. E anche se nel contratto di governo firmato da Di Maio e Salvini l’uscita dall’euro non è prevista, all’interno dei due partiti ci sono correnti molto agitate che sognano l’Italexit, vedi Borghi e Bagnai.
Insomma, Tria non è Paolo Savona. Il fatto sostanziale è che Salvini era anche d’accordo a non oltrepassare l’1,9% indicato da Tria, rispetto all’1,6 richiesto dalla Commissione Europea. Ma non aveva fatto i conti con l’alleato Di Maio che, in parole povere, doveva compensare l’en plein leghista nei sondaggi con i temi di immigrazione e sicurezza, quindi ha capito che il Reddito di cittadinanza sarebbe stato ancora più necessario, pena il fallito rispetto al compare Salvini e di fronte all’elettorato.
La Lega sa bene che il Reddito di cittadinanza farà indiavolare il Nord, quindi è stato raggiunto il compromesso di annacquarlo per mantenere il governo saldo fino alle europee, così da riscuotere entrambi (Lega e M5S) risultati elettorati. Anche Mattarella tentenna: perché sa bene che la situazione è delicatissima e una crisi di governo sarebbe deleteria. D’altra parte, il vero nodo della politica italiana è determinato dal fatto che i due partiti al governo sono in piena campagna elettorale in vista delle elezioni europee del giugno 2019.
Salvini punta tutto sulle Europee perché ha tutto da guadagnare: l’avanzata dei movimenti populisti/sovranisti, in massima parte di destra, cambierebbe l’Europarlamento e gran parte dei commissari europei. Mentre il M5S si troverebbe a Bruxelles quasi isolato. In tutto questo la bocciatura del 2,4% è sicura, quindi è bene investire in una campagna propagandistica antieuropea.
Alla fine, quindi, in mezzo a tutto questo c’è finito il povero Tria che ha dovuto ingoiare il 2,4% quando ha finalmente capito che Mattarella e Conte lo avevano abbandonato al suo destino di dilettante della politica. Era pronto a tornarsene alle tranquille lezioni di Tor Vergata ma poi l’hanno convinto a restare. Perché a novembre è in agenda la conferenza internazionale a Palermo sulla Libia, dove è stato coinvolto Trump (verrà Mike Pompeo a spalleggiare l’Italia contro la Francia). Secondo: a fine mese è attesa la mannaia del rating di Moody’s.
L’unica chance per Tria per salvare la propria faccia davanti a Bruxelles era di adoperarsi a portare lo sfondamento al 2,4% solo per un anno per poi contenerlo negli esercizi successivi. Salvini e Di Maio hanno acconsentito. delle Banche Centrali. Quindi hanno già cominciato vendere prima della catastrofe default. Ed ecco qua districata la matassa sui “misteri” dietro questa folle manovra.
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