Nel circo di luoghi comuni, approssimazione e vere e proprie bufale che accompagna puntualmente ogni caso con dei migranti al centro della scena, ce n’è uno particolarmente odioso, particolarmente sbagliato. Un tentativo vigliacco e purtroppo alle volte anche riuscito, a giudicare dalla reazione degli utenti, di trasformare chi lotta per aiutare il prossimo nel nemico da abbattere, un ribaltamento di parti che vede il buono farsi di colpo cattivo e il pubblico incapace di protestare in sala.
La retorica messa in campo da Salvini è facile quanto spicciola: chi si avventura in mare per salvare persone in difficoltà, naufraghi che rischiano di affogare, barconi bloccati in mezzo alle onde senza la capacità di raggiungere autonomamente una qualsiasi riva, è per forza di cose un criminale. O, quantomeno, con la criminalità organizzata, con il traffico di vite umane nel Mediterraneo, qualcosa deve per forza di cose avere a che fare. Il soccorso fine a sé stesso, volto alla tutela di altre vite, non può esistere nel racconto della Lega.
Questo il termine più utilizzato in queste ore da esponenti del Carroccio che, con quella singola parola che richiama epoche ormai lontanissime, catalogano indistintamente chiunque intervenga nella catena, a loro dire perversa e ben oliata dal vil denaro, che vede soccorritori agire in mare per prevenire altri drammi, cercando poi dei posti pronti ad accogliere i migranti tratti così in salvo.
Pirati di bellezza, in realtà, che nulla hanno a che spartire con i loschi figuri che popolavano i galeoni del passato se non l’estremo coraggio, l’inconsapevolezza che si tinge di eroismo. Eroi, anche se la parola può sembrare forte, in un mondo dove le malattie contemporanee si chiamano egoismo e menefreghismo. C’è ancora qualcosa di buono, al mondo. Ma non lo troverete certo in orbita Salvini.
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