Una prima, fondamentale prova d’amore tra gialli e rossi, non senza qualche insidia, per rafforzare un’intesa appena nata ma già scricchiolante: il taglio dei parlamentari (345 saranno eliminati) è stata per mesi la riforma chiave per il Movimento Cinque Stelle, una questione di principio sulla quale non si poteva transigere e che ha visto alla fine il Pd cedere in cambio di promesse su una serie di altri passaggi che accompagneranno la trasformazione delle Camere, d’ora in poi a ranghi decisamente più ridotti.
Un passaggio obbligato, dunque, per non scontentare i grillini già pronti a esultare. Ma che non entusiasma il pianeta dem, che sorride amaro. Gli stessi renziani di Italia Viva hanno promesso voto favorevole, sottolineando però come “non cambierà in meglio la vita del Parlamento”. Imbarazzi simili anche nell’opposizione, nei confronti di una norma che una grossa parte dell’elettorato percepisce come sacrosanta e che però non convince gli esponenti di Forza Italia (la Lega è schierata a priori contro ogni iniziativa giallorossa).
Unico partito a esprimere in maniera diretta il proprio dissenso è stato fin qui +Europa. Ma cos’è, di preciso, che non convince della riforma? Non la riduzione di onorevoli in sé, mai contestata da alcuna forza politica, quanto piuttosto le modalità: “Si dovrebbe tenere conto – spiegava Emma Bonino in questi giorni – dei criteri di rappresentatività politica e territoriale e dei principi funzionali dell’attività delle Camere. Inoltre, dovrebbe seguire e non precedere la riforma del bicameralismo paritario, che è uno dei problemi irrisolti del nostro sistema istituzionale. Invece, qui si parte del taglio degli eletti, senza badare alle conseguenze che un simile taglio comporterebbe”.
Non piacciono nemmeno le tempistiche, con il taglio che segue e non precede la riforma del bicameralismo paritario. Senza una differenziazione del ruolo di Camera e Senato e senza garantire la rappresentanza dei territori, il taglio drastico, incondizionato, rischia di creare pericolosi corti circuiti. Un passaggio che doveva essere importante per la storia del nostro Paese e che sarà invece affrontato con estrema leggerezza, chi per paura di perdere voti, chi per non mettere a rischio un governo già claudicante, quasi nessuno con le idee chiare.
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