Una proposta di legge per istituire il congedo mestruale per le donne che soffrono di dismenorrea. Giace in parlamento da qualche mese, ora è al vaglio della commissione lavoro da cui si attende un pronunciamento (tenuta del governo permettendo), prima di approdare in aula.
Proposta da quattro deputate del Pd, tutte donne, il disegno di legge si compone di un unico, rivoluzionario articolo, riassunto in un principio: la dismenorrea va riconosciuta come fenomeno invalidante che richiede una copertura pagata in caso di assenza dal lavoro.
Romina Mura, Daniela Sbrollini, Maria Iacono e Simonetta Rubinato sono partite da un dato: “In Italia i dati sulla dismenorrea sono allarmanti – si legge nell’introduzione al testo – dal 60% al 90% delle donne soffrono durante il ciclo mestruale e questo causa tassi dal 13% al 51% di assenteismo a scuola e dal 5% al 15% di assenteismo nel lavoro”.
I movimenti e le associazioni per l’allargamento dei diritti, “dopo l’apertura di un dibattito in questa direzione negli Stati Uniti d’America, stanno lavorando da tempo a una bozza di proposta di legge per istituire un ‘congedo mestruale’ che permetta alle donne di rimanere a casa nei giorni di picco del ciclo”.
Un dibattito acceso da tempo in Italia e nel mondo, insieme a molti altri aspetti che riguardano le questioni fiscali legate ai temi di genere, come la richiesta di abbassamento dell’Iva sugli assorbenti. Rivendicazioni basate su argomenti solidi: se non si può negare infatti l’indispensabilità di un presidio sanitario quale l’assorbente, per il benessere psicofisico di una donna, non si può negare nemmeno che la dismenorrea invalida un numero enorme di donne e lavoratrici, una condizione che si ripercuote sulla qualità del loro lavoro (e delle loro vite). Del resto, si stanno imponendo sempre di più nella politica delle aziende, politiche di conciliazione tra vita lavorativa e vita privata: dove si lavora meglio, si produce di più.
Ha fatto scuola quindi la scelta della Coexist, un’azienda di Bristol, che ha deciso di inserire nello statuto l’esenzione dal lavoro per le impiegate con il ciclo mestruale. La qualità e gli indici di produttività migliorano nettamente al termine del ciclo, un dato che la Coexist ha valutato nel dettaglio e che rafforza l’efficacia del congedo.
Nella proposta di legge le quattro deputate ricordano anche i precedenti: dal Giappone, dove già dal 1947 alcune aziende hanno adottato il «seirikyuuka», all’Indonesia, Corea del Sud e Taiwan, dove simili istituti sono stati introdotti più recentemente.
Per il congedo mestruale servirà un certificato medico
La donna che soffre di mestruazioni dolorose, che dovranno comunque essere certificate da un medico specialista, ha diritto a un congedo per un massimo di tre giorni al mese. Per tale diritto è dovuta un’indennità pari al 100% della retribuzione giornaliera e i giorni di congedo non possono essere equiparati ad altre cause di assenza dal lavoro, a partire dalla malattia.
La legge punta inoltre a un’applicazione pressoché universale per le lavoratrici: vale per chi ha contratti di lavoro subordinato o parasubordinato, a tempo pieno o parziale, a tempo indeterminato, determinato ovvero a progetto. Il certificato medico deve essere rinnovato ogni anno, e l’indennità che spetta alla donna lavoratrice non può essere computata economicamente, né a fini retributivi né contributivi, all’indennità per malattia. Quest’ultimo elemento infine, stabilisce un principio importante, ovvero quello della differenza fra donne. Per coloro che non vivono le mestruazioni come un problema non cambierà quindi nulla, ma per le loro amiche/sorelle/colleghe/madri/cape che invece ne soffrono, sarebbe un diritto in più, a beneficio di tutte.