Dopo il crollo del ponte Morandi, scoppia la polemica sulla decisione del governo di revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia. La società annuncia zero pedaggi per le ambulanze, mentre fa i conti con il titolo della capogruppo Atlantia che a Piazza Affari registra pesanti perdite. Reagire ad una tragedia come quella del Ponte Morandi in maniera lucida e razionale non è semplice. Troppa la rabbia, la commozione e la frustrazione per non aver impedito un evento che, forse, si sarebbe potuto evitare. Eppure, le istituzioni dovrebbero mostrare fermezza e lucidità, senza cedere alle pulsioni della piazza che – inevitabilmente – cerca vendetta per le troppe vittime innocenti. Conti alla mano, basandosi sull’articolo 9 della Convenzione siglata nel 2007, togliere la gestione alla società dei Benetton costerebbe 20 miliardi. Che verrebbero recuperati ai caselli, in caso di “nazionalizzazione”, in meno di un decennio. Il cuore delle concessioni è però negli accordi con i singoli concessionari: sono quelli che ne regolano gli aspetti economici e che in Italia sono mantenuti segreti.
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La revoca non è impossibile, ma può essere molto costosa
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e i suoi vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno invocato la revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia. Lo Stato dovrà sborsare circa 20 miliardi di euro per togliere ad Autostrade per l’Italia di Atlantia del gruppo Benetton la concessione per la gestione di metà della rete autostradale nazionale, 3mila chilometri su 6mila totali. A quel punto la stessa concessione potrà essere messa a gara e affidata a chi offrirà le condizioni migliori sia dal punto di vista economico sia gestionale. Nel caso in cui lo Stato tornasse a gestire in prima persona i 3mila chilometri ora in mano ai Benetton recupererebbe ai caselli nel giro di meno di una decina d’anni i 20 miliardi che ora deve impegnare.
Ma si può davvero mettere in pratica?
Gli analisti sono scettici sul fatto che il contratto di concessione possa essere revocato, sia per via dei costi a carico dello Stato che per la sussistenza dei presupposti giuridici che possano far scattare la richiesta “Una mossa di questo tipo non sarebbe finanziariamente realizzabile, in quanto l‘Anas (cioè lo Stato) dovrebbe pagare miliardi ad Atlantia“, sostengono gli analisti, che ricordano come “il contratto di concessione potrebbe aiutare a proteggere Atlantia” visto che, in caso di revoca, “stabilisce il diritto al risarcimento per Autostrade per l’Italia”. Molti ricordano come si tratti di un contratto “intoccabile”.
E allora cosa serve per attuare una revoca?
Per arrivare ad una revoca bisognerebbe ci fosse la prova di una seria violazione in corso delle condizioni del contratto, ma poi questo “dovrebbe essere seguito da un invito formale sanare la sua posizione che il titolare della concessione dovrebbe ignorare. L’articolo 9 della Convenzione Unica che disciplina la “decadenza della concessione” prevede che “la decadenza della concessione può essere dichiarata se perdura la grave inadempienza da parte del concessionario rispetto agli obblighi previsti”.
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Questo presuppone una comunicazione formale di inadempienza dal concedente al concessionario fissando “un congruo termine per fornire le proprie giustificazioni”. Ma questa comunicazione secondo Atlantia ad oggi non c’è stata. Se il concedente contesta l’inadempimento scatta la diffida, ma al contempo il concessionario può esercitare le proprie contro deduzioni. Se vengono rigettate alla concessionaria vengono concessi altri due mesi per adempiere. Se poi non si adempie e arriva il decreto di decadenza la società può fare ricorso al tar e poi al Consiglio di Stato.
Conti alla mano, basandosi su questo testo, lo Stato deve riconoscere ai Benetton 21 miliardi di incassi futuri previsti da cui deve però detrarre i debiti finanziari contratti dai Benetton con le banche e i risparmiatori che ammontano a circa 10 miliardi di euro e che lo Stato si accollerebbe. A quel punto resterebbero circa 11 miliardi di euro da consegnare ai Benetton. In base alla convenzione lo Stato potrebbe però applicare una penale a suo favore del 10 per cento sugli 11 miliardi. Il risultato finale è quindi questo: lo Stato dovrà sborsare 10 miliardi direttamente ai Benetton e altri 10 per effetto dell’accollo dei loro debiti.
I dirigenti di Autostrade per l’Italia sostengono di aver concordato con il ministero i programmi di intervento lasciando intendere che tutto ciò che è stato fatto o non fatto sia sul ponte Morandi di Genova sia altrove ha avuto il via libera ministeriale. E quindi dal loro punto di vista appare inconcepibile che lo stesso ministero e il governo ora intendano revocare la concessione. In generale, secondo quando risulta al ilfattoquotidiano.it negli uffici ministeriali della Vigilanza autostradale giacciono numerosi progetti e programmi di intervento presentati dai concessionari e mai approvati.
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