Che cos’è il populismo? No, non andiamo a caccia di definizione. Ma diamo una spiegazione in quattro punti, grazie alla “lezione” di Paolo Guzzanti. Lui dice che è un mostricciattolo geneticamente modificato da programmatori che fabbricano una sequenza di eventi. Il primo è una prolungata campagna mediatici pauperista, antimoderna, antiborghese e illiberale per mantenere in stato di accusa ogni classe dirigente di destra e di sinistra.
Secondo: viene imposta una nuova divisione fra bene e male, secondo una scala di valori semplificata che esalta i buoni, fautori del “governo del cambiamento” contro i “nemici del popolo”. Terzo: si definisce un nemico esterno (l’Europa alleata del nemico interno) da sfidare con provocazioni costosissime, il cui prezzo è addebitato al nemico esterno contro cui il “governo del cambiamento” resiste in nome del popolo: più danni si provocano, più consenso si guadagna.
Questo macchinario funziona, infatti, bruciando valore reale con cui produrre il consenso per la presa definitiva del potere. Quarto: s’instaura un regime etico che divide la società in due categorie i nuovi buoni e i vecchi cattivi destina- te a sostituire la libertà di giudizio del singoli. Tv e social media, sempre più collaborazionisti, diffondono 24 ore al giorno slogan di regime che ripetono che cosa sia bene e che cosa sia male.
La libertà come valore è deprezzata, i dissidenti derisi, gli oppositori accusati di tradimento, le elezioni confermano e il gioco è fatto. Ne segue una democrazia elettorale autoritaria e la libertà viene sepolta senza funerali nella fossa comune della memoria. Amen.
Diciamo che la linea tracciata da Paolo Guzzanti non fa una piega e sembra la più lucida analisi di quanto accaduto, e di quanto sta accadendo, con questo nuovo “contratto” che è al governo e che ha siglato l’unione populista tra la Lega e il Movimento Cinque Stelle, tra Salvini e Di Maio.
Benjamin Moffit (autore di The global rise of populism) pone l’accento sul populismo come stile nel modo di fare politica, caratterizzato dalla violazione delle regole della buona educazione politica, dall’atteggiamento aggressivo, dal fastidio per le complicazioni dei sistemi democratici. C’è anche chi sostiene che ci sia sempre una probabile deriva autoritaria dei partiti populisti, insofferenti al pluralismo. Occhi aperti!
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