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Raccomandazioni lavoro Italia: chi cerca lavoro si affida alle conoscenze

Il mondo del lavoro sta cambiando profondamente nel nostro Paese, sotto l’impulso del Jobs Act e dell’incessante progresso tecnologico che potrebbe in breve far scomparire la manodopera umana da alcuni settori, sostituendola con quella fornita dagli automi. Nuove condizioni che impongono ai lavoratori di rimettersi in gioco per non essere magari tagliati fuori da un mercato del lavoro sempre più concorrenziale e problematico.
Una trasformazione così impetuosa comporterebbe anche una ridefinizione dei sistemi di reclutamento e collocamento dei lavoratori, che però nel nostro Paese sembrano essere rimasti quelli di una volta, quando gli italiani preferivano rivolgersi ai canali informali costituiti da parenti e amici, piuttosto che passare da quelli ufficiali, reputati con tutta evidenza non all’altezza della sfida.

La raccomandazione è ancora largamente praticata

Sono le tabelle elaborate da Eurostat nel corso del terzo trimestre del 2017 a spiegare come in Italia continui a prevalere la cultura della raccomandazione, ovvero il passa parola affidato a conoscenti e parenti, oppure a soggetti reputati in grado di poter offrire con più facilità una soluzione positiva alla ricerca di un lavoro.
Un atteggiamento che si è notevolmente rafforzato dall’inizio della crisi che ha fatto seguito allo scoppio della bolla dei mutui Subprime e che si fonda con tutta evidenza sul mancato funzionamento degli uffici delegati al collocamento di manodopera nel nostro Paese, una caratteristica del resto di vecchia data, che però non è stata mai scalfita dalle tante riforme del lavoro predisposte nel corso degli ultimi decenni.
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La differenza con gli altri Paesi è evidente

Se in Italia oltre l’80% di chi cerca un lavoro pensa subito alla raccomandazione, negli altri Paesi dell’Unione Europea il quadro appare notevolmente diverso. Lo dimostra il dato relativo all’Unione Europea, ove la media di chi percorre questo canale si ferma sotto il 70%, con inglesi e tedeschi rispettivamente al 38 e al 45%. Praticamente percentuali dimezzate nei colossi economici europei, che sembrano privilegiare il sistema effettivamente meritocratico.
Solo un italiano su quattro, secondo i dati di questa ricerca, si rivolge quindi alle agenzie statali che dovrebbero favorire il collocamento di manodopera, segno evidente di una sfiducia generale che è il risultato ormai consolidato del mancato funzionamento delle strutture in questione, cui pure il Jobs Act ha affidato il compito di rendersi parte sempre più attiva nella ricerca di lavoro.

Anche le agenzie private arrancano

Mal comune, mezzo gaudio? Si potrebbe sintetizzare in questo modo il dato relativo alle agenzie di collocamento private, che secondo qualcuno avrebbero dovuto rivestire un ruolo molto importante nel mercato del lavoro. La percentuale di lavoratori che si rivolge a queste strutture è infatti ferma sotto il 15%, segno evidente di una sfiducia che deriva anche dalla scarsa efficienza dimostrata dalle agenzie in questione.
Come si può facilmente comprendere dai dati del report di Eurostat, il problema legato alla ricerca del lavoro continua ad essere molto evidente in un Paese come il nostro che ancora non è uscito dalla crisi economica e che vede un gran numero di lavoratori alle prese con i problemi innescati dalla fine dell’articolo 18 e di un regime di tutele che, quantomeno, proteggeva i lavoratori in attività.
In mancanza di politiche attive da parte dei soggetti che pure dovrebbero favorire il collocamento della manodopera, sono ancora tanti coloro che si rivolgono alla raccomandazione per trovare occupazione. Lo dimostra anche un recente studio dell’Istat, secondo il quale sarebbe al 40% la percentuale di giovani italiani che hanno trovato un lavoro in questo modo.
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