Sta provocando un putiferio politico la lettera inviata dalla deputata di Fratelli d’Italia Rachele Silvestri al Corriere della Sera. L’onorevole Silvestri, classe 1986, è entrata per la prima volta in Parlamento nel 2018 nelle file del M5S. Poi nel 2021, dopo due anni trascorsi al Gruppo misto, il passaggio al partito di Giorgia Meloni. La deputata racconta al Corriere di essere stata praticamente costretta a effettuare il test di paternità sul figlio di appena tre mesi, perché accusata di averlo concepito non con il compagno Fabio, ma con un potente esponente meloniano. Accuse rivelatesi false e che ora la inducono ad un durissimo sfogo mediatico.
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La lettera di Rachele Silvestri
“Sono stata costretta a fare il test di paternità per mio figlio di soli tre mesi. – inizia così la lettera di Rachele Silvestri al Corriere – E il padre è proprio Fabio, il mio compagno. Naturalmente, non avevo dubbi. Perché, quindi, l’ho fatto? E, soprattutto, perché chiedo che venga riportata la notizia sui giornali? Se la fantasia (o la curiosità) vi sta portando chissà dove, leggete, e poi, mi auguro, vi indignerete insieme a me. Perché, delle volte, la becera realtà arriva a superare anche la più fervida fantasia. Devo partire dal lontano 2018, quando sono stata eletta parlamentare tra le fila del Movimento 5 Stelle”.
Silvestri: “Costretta a fare test di paternità”
Rachele Silvestri racconta a quel punto la sua breve storia politica, con il passaggio a FdI quando ancora il partito della Meloni aveva numeri molto bassi nei sondaggi. Dunque rivendica come legittima e non opportunistica la sua scelta di cambiare casacca. “Circa un mese fa, una persona amica mi racconta che gira la voce che il mio bambino non sarebbe figlio del mio compagno, ma di un politico molto influente di Fratelli d’Italia, a sua volta sposato. – rivela allora la deputata – Mio figlio sarebbe, quindi, nato da una relazione clandestina, grazie alla quale io avrei anche ottenuto la mia candidatura. Riuscite soltanto a immaginare come mi sono sentita? Non bisogna essere una donna per capire lo schifo, la violenza, l’umiliazione. Mi chiedo: ma in quanti modi il corpo di una donna può essere violato, calpestato, abusato?”.
“Non so chi sia stato. – si sfoga ancora la deputata costretta a fare il test di paternità – Molti, però, hanno scelto di condividere una evidente calunnia, di telefono in telefono, di chat in chat, rendendosi complici di questo schifo. E anche chi sa ma ha deciso di non parlare lo è. Alla fine, la presunta notizia è uscita su qualche organo d’informazione e molti giornalisti mi hanno telefonato chiedendo un commento. L’unica cosa che so è che, chi si è inventato questa storia, è un uomo, probabilmente un politico. Ho scelto di rendere pubblica questa storia per tutelare mio figlio e Fabio, legittimo papà e mio amato compagno. Il mio augurio è che nessuno sia indulgente con l’autore della calunnia e con chi contribuisce a diffonderla: non siate neutri, abbiate il coraggio di spezzare la catena dell’indifferenza”, conclude Rachele Silvestri.
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