Si configura il reato di ‘Rave-Party’ solo se si tratta di una manifestazione con musica e spaccio, alla quale partecipano più di 100 persone (non 50). Queste alcune delle modifiche suggerite da FI nei 14 emendamenti presentati al decreto anti-Rave, ora all’esame della Commissione Giustizia del Senato. Tra le altre proposte, firmate dal capogruppo FI in Commissione, Pierantonio Zanettin, ci sono quella di destinare il 50% delle sanzioni ai Comuni per il ripristino del territorio e l’esclusione del reato dal codice antimafia. “Vogliamo evitare che rientrino nella norma anche scuole occupate o manifestazioni sindacali”, spiega Zanettin.
Anche Azione e Italia Viva hanno presentato i loro emendamenti: “Cancellano l’obbrobrio scritto dal Governo e sostituiscono il reato con un illecito amministrativo (con una fattispecie ritagliata sui rave e non indeterminata come quella contenuta nel decreto) che offre alle forze di polizia la facoltà di ordinare lo sgombero e la confisca del materiale utilizzato per commetterla. È ora di finirla con la consuetudine che, per dare un segnale di ‘rigore’ e di ‘pugno duro’, di fronte ad ogni problema si inventa un nuovo reato (scritto peraltro malissimo), senza minimamente preoccuparsi degli effetti che ciò può produrre sull’intero ordinamento”. Lo dichiara in una nota l’On. Enrico Costa, vicesegretario di Azione e Presidente della Giunta per le Autorizzazioni alla Camera dei Deputati.
“Quanto all’ergastolo ostativo i nostri emendamenti si concentrano sul rispetto della sentenza della Corte Costituzionale, oggi del tutto elusa dal decreto, e puntano ad escludere i reati contro la Pubblica Amministrazione dalla gamma degli ostativi (tornando al regime ante ‘Spazzacorrotti’), per ristabilire un corretto funzionamento del ‘doppio binario’. Infine, in merito alla riforma Cartabia, riteniamo di ribadire una immediata applicazione di tutte le norme, con quelle processuali che devono essere immediatamente operative, senza inventarsi norme transitorie che rappresenterebbero un’evidente elusione a richiesta dei magistrati, che mal sopportano di dover rispettare tempi perentori di indagine”, conclude così Enrico Costa.