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Redditi degli italiani, l’Ocse certifica il disastro. Ecco i dati reali. E come ci collochiamo in Europa

In questi giorni, l’Ocse ha pubblicato la “classifica dei redditi” europei, basata sui rilevamenti dell’Eurostat. E i dati sono impietosi per l’Italia. Il nostro Paese è all’ultimo posto per la crescita del reddito pro capite nel continente. Va sottolineato che i redditi medi dei cittadini dei Paesi dell’Unione Europea, rapportati ai prezzi e al costo della vita, sono diminuiti ovunque. Ma l’Italia è all’ultimo posto in questa non esaltante classifica: nel nostro Paese si guadagnava di più 30 anni fa rispetto a oggi.
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Salari in calo

I salari reali degli italiani sono calati del -2,9% fra il 1990 e il 2020. Ma la notizia peggiore è che alla fine del 2022 i salari da noi erano diminuiti di un ulteriore -7,5% rispetto al periodo pre-Covid, rispetto a una media Ocse del 2,2%. Numeri pesanti, che sono il risultato della crescita dei prezzi dovuta in primo luogo al caro energia. Sull’altro lato, gli stipendi non sono aumentati. Dal 1991 a oggi, i salari sono rimasti pressoché invariati (+1%).

Ovviamente, a soffrire di più per il prepotente calo del potere d’acquisto sono le persone che percepiscono i redditi più bassi, che si sono visti “decurtare” il 10,3% del loro potere d’acquisto. Un dato meno severo, ma comunque molto negativo, per i percettori di salari medi (-7,5%) e per chi ha la fortuna di appartenere alle classi più abbienti (-6%). Tutti numeri nettamente superiori a quelli della media Ocse. E che pesano in modo drammatico sulle famiglie a basso reddito.

Fra il 2019 e il 2022, la perdita media di reddito familiare mensile è stata di 240 Euro (317 per le famiglie bireddito, 150 Euro per quelle monoreddito). Altro problema è la media degli interessi dovuti per i mutui a causa dell’inflazione, che è stata in media di 340 euro annuali. Ma per chi ha acceso un mutuo nel 2020, sino al 2022 l’aumento degli interessi ha pesato per 1.060 euro.

Una serie di numeri che disegna un quadro impietoso della situazione economica dei cittadini italiani e dovrebbe aprire una robusta discussione su ciò che è accaduto da quando il Paese è entrato in area euro. Basti pensare che solo nel periodo 2021-2023 ogni italiano ha perso 6.700 Euro di potere d’acquisto. E l’enorme diminuzione del potere d’acquisto (intorno al 50% secondo alcuni dati) dall’introduzione dell’Euro, in altri Paesi è stata compensata dall’aumento dei salari. Per cui dare la colpa all’inflazione è una foglia di fico, che qualcuno usa per non ammettere che in Italia l’abbandono della sovranità monetaria è stato fatto pagare ai lavoratori e ai cittadini attraverso la deflazione dei salari.