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“Reddito universale” assegnato per anni a 3.000 persone negli Usa. I risultati dell’esperimento di Sam Altman

Sull’avvento dell’intelligenza artificiale si legge di tutto. Che cancellerà centinaia di milioni di posti di lavoro, che rappresenta una grande opportunità per il futuro dell’umanità, che rappresenta un enorme fattore di rischio per la nostra sopravvivenza e tante altre teorie. Il bello è che queste posizioni differenti vengono dagli stessi esperti in materia e da chi si occupa dello sviluppo delle AI. Ora dall’America giunge una notizia più concreta. E riguarda un esperimento voluto, non a caso, proprio da Sam Altman, pioniere degli studi sulle nuove tecnologie e primo Amministratore Delegato di OpenAI. Non è un caso se Altman, da anni, sembra puntare all’introduzione di un reddito universale che vada a mitigare le possibili conseguenze dello sviluppo dei suoi stessi progetti. Per questo, nel 2016, proprio lui fece partire un’iniziativa di cui ora si conoscono per la prima volta i risultati. Il progetto di Altman consisteva nell’assegnare un’entrata aggiuntiva di 1.000 dollari al mese a 3.000 famiglie a basso reddito del Texas e dell’Illinois. Per realizzare questo studio, lo stesso autore ha stanziato 14 milioni ed è riuscito a raccoglierne altri 60.

L’esperimentoreddito universale” è iniziato ufficialmente nel 2019. Insieme alle famiglie che ricevevano 1.000 dollari al mese, era presente un gruppo di controllo che invece poteva contare su una cifra aggiuntiva di soli 50 dollari. Oggi, a quasi 5 anni di distanza, sono stati pubblicati i primi risultati dello studio. Secondo i ricercatori, i beneficiari hanno espresso “riduzioni significative dello stress, del disagio mentale e dell’insicurezza alimentare durante il primo anno”. Poi l’effetto si sarebbe mitigato perché i soggetti non sono riusciti a trarre benefici per l’assistenza sanitaria privata (un tema molto sentito negli Usa, non nel resto d’Occidente dove la Sanità è ancora pubblica). A parte questo, i ricercatori hanno riferito alcuni dati interessanti. Il primo, piuttosto ovvio, è che i percettori del reddito universale di Altman hanno speso la maggior parte della quota aggiuntiva al loro reddito per il cibo, l’affitto e i trasporti. Per un aumento di spesa mensile di 310 dollari. Poi, hanno aiutato conoscenti in difficoltà per un totale di 26 dollari al mese. Soprattutto, i loro risparmi bancari sono aumentati mediamente del 25%. Sembra un’ovvietà: se le persone guadagnano di più, spendono di più e riescono anche a mettere via un po’ di risparmi.

Ma il vantaggio di ricevere il reddito, per le persone coinvolte nell’esperimento, non è stato solo di tipo economico. Ha permesso loro di migliorare il loro livello di istruzione o di intraprendere una formazione professionale. Insomma, una volta eliminati i problemi di stretta sopravvivenza, le persone hanno investito anche su se stesse. Studiando, approfondendo le loro conoscenze lavorative o aprendo attività da soli o in comproprietà con altri (circa il 26% del campione). Risultati che hanno in parte confermato la convinzione di Altman, secondo il quale il reddito di base nell’era dell’intelligenza artificiale sarà necessario sia per il probabile aumento della disoccupazione, sia perché, come ha dichiarato lo stesso ex AD di OpenAI, “è impossibile avere veramente pari opportunità senza una qualche versione di reddito garantito”. Altman ha anche lanciato un’altra idea, più complessa, che ha chiamato “calcolo di base universale“. Consisterebbe nel possedere “una fetta del computer di GPT-7 per usarlo, rivenderlo, donarlo a qualcuno che lo utilizzi per esempio per la ricerca sul cancro”. Questo “possesso”, secondo l’ex AD, potrebbe risultare “più prezioso del denaro. Possiedi, tipo, parte della produttività”. Ma questo meccanismo non è ancora chiaro nel suo funzionamento, soprattutto per l’impatto reale che potrebbe avere sulla vita quotidiana delle persone.