La decisione della Corte Costituzionale di giudicare non ammissibile il referendum sulla cannabis fa esplodere la rabbia dei membri del comitato promotore. E le motivazioni addotte dal presidente Giuliano Amato a sostegno della bocciatura del quesito referendario non fanno altro che scaldare ancora di più gli animi. Il tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, lo accusa di aver “affermato il falso”.
“Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. – dichiara Giuliano Amato in conferenza stampa – Il quesito è articolato in tre sotto quesiti ed il primo prevede che scompaia tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, che non includono neppure la cannabis ma includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti. Già questo sarebbe sufficiente a farci violare obblighi internazionali”.
Versione che però fa esplodere l’ira di Cappato. “Giuliano Amato ha affermato il falso dicendo che il referendum non toccherebbe la tabella che riguarda la cannabis. – questa la grave accusa dell’esponente Radicale – Non sono stati nemmeno in grado di connettere correttamente i commi della legge sulle droghe. Un errore materiale che cancella il referendum. Non c’è stato errore da parte del comitato promotore nella formulazione del quesito considerato che quelle condotte non fanno riferimento solo alla tabella 1 ma anche alle 2 e 4. A seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 4-bis, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272”.
Gli fa eco il presidente del comitato promotore dei referendum Marco Perduca. “Non c’è stato alcun errore nella formulazione del quesito. – scrive in una nota – Le motivazioni addotte dal presidente Amato e le modalità scelte per la comunicazione, sono intollerabili. Il quesito non viola nessuna convenzione internazionale, tanto è vero che la coltivazione è stata decriminalizzata da molti Paesi, ultimo tra questi Malta. Il riferimento del presidente alle tabelle è fattualmente errato. Dall’anno della bocciatura della legge Fini-Giovanardi (2014) il comma 4 è tornato a riferirsi alle condotte del comma 1, comprendendo così la cannabis. La scelta è quindi tecnicamente ignorante ed esposta con tipico linguaggio da convegno proibizionista”, conclude.
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