Il Comitato promotore del referendum sulla cannabis ha depositato 630mila firme in Corte di Cassazione. Una valanga di firme raccolte in poco più di un mese attraverso una sottoscrizione online. Ora la Cassazione, nel periodo compreso tra il 30 novembre e il 15 gennaio, dovrà esaminare la validità delle firme depositate. Poi, dal 20 febbraio a 10 marzo, la palla passerà alla Corte Costituzionale che dovrà decidere sulla validità del quesito referendario. Passate anche queste due ultime Forche Caudine, il referendum dovrebbe tenersi nella primavera prossima, tra aprile e giugno.
Il quesito referendario chiede di abrogare, si legge, le parti più importanti del “Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990 numero 309, avente ad oggetto il Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”. In pratica, se il referendum sulla cannabis dovesse passare, verrebbero abrogate le parti della legge relative al divieto di coltivazione privata. Ma verrebbe anche eliminata la pena del carcere per i consumatori, nonché le sanzioni amministrative come il ritiro della patente.
Esultano i promotori del referendum. “La risposta è stata straordinaria ma non sorprendente. – commenta Marco Perduca, presidente del comitato promotore e membro dell’associazione Luca Coscioni – Hanno preso parte molti giovani. Oltre il 70% delle persone che hanno firmato ha meno di 35 anni. Le sottoscrizioni sono arrivate dalle grandi città, ma anche dai piccoli Comuni. Un’omogeneità che sottolineala portata e l’interesse del tema”.
“Le persone ci chiedono un cambiamento. Non è più possibile rimandare”, affermano invece Antonella Soldo e Riccardo Magi. “Oggi è un giorno di festa non solo per noi, ma per la democrazia. Un successo di partecipazione che si realizza in un momento storico in cui la gente va meno a votare ed il Parlamento ha una evidente difficoltà ad andare avanti su temi sensibili come il Ddl Zan”, concludono.
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