Il governo al centro, ai margini due fuochi che portano lo stesso nome: Matteo. Quel Salvini che ora veste i panni del capopopolo e guida feroce l’opposizione della destra populista a suon di slogan, e quel Matteo che con abile mossa è tornato di colpo in un posizione strategica, legittimata dal rientro nel salotto buono di Porta a Porta. Nemici giurati che si legittimano a vicenda, di continuo, esempi perfetti di un narcisismo che non accetta moderazioni.
Renzi sfida Salvini al confronto in tv, faccia a faccia. Il leghista accetta. Durante la settimana, è continuo attaccarsi a vicenda. “Sarò il primo avversario di Salvini” tuona il fuoriuscito dem, rassicurando i vecchi compagni di partito che oggi dormono sogni molto meno tranquilli. “Vogliamo abbattere il governo Renzi-Conte” contrattacca dalle piazze il numero uno del Carroccio.
In mezzo, vittima di tensioni che arrivano da una parte e dall’altra, c’è un governo neonato ancora alla ricerca dei suoi equilibri, con un programma che fatica a decollare e un consiglio dei ministri che non presenterà nessun provvedimento rilevante, niente che possa indirizzarne in maniera netta l’operato.
Al momento, Zingaretti e Di Maio non temono pugnalate da Renzi, determinante al Senato ma ben contento in questa prima fase di dare il suo appoggio ai giallorossi in attesa di ricostruire passo dopo passo la propria soggettività, di ritrovare uno spazio nel Paese. Lo fa da dentro il Palazzo, mentre fuori Salvini sbraita e spera di passare presto all’incasso, con i sondaggi ancora dalla sua. Due Mattei, in mezzo l’Italia.
La ricetta della Tinagli: “Ecco come si battono i partiti populisti”