A votare ci andrà, anche se probabilmente senza sorrisi di circostanza. Matteo Renzi si avvicina alle primarie del Pd sempre più insofferente, mostrando distanze da un dibattito interno che non sembra coinvolgerlo. Anzi: a Firenze per presentare il documentario sulla città prodotto da Lucio Presta e realizzato per Canale Nove, l’ex premier ha chiarito di volersi tirar fuori, almeno per ora, da qualcosa che “non ha niente a che fare con la politica tradizionale”. Dietro il viso scuro, però, c’è dell’altro.
Secondo La Stampa, infatti, Renzi si è convinto del fatto che “il brand Pd non funzioni più”. Non crede in un governo gialloverde dalla vita duratura. E spera, soprattutto, nella fine “della rabbia verso di me”. In questo preciso istante, la strategia ai suoi occhi migliore è quella del distacco. “
Oggi un partito è: un leader, la capacità di imporre l’agenda e la comunicazione”. Qualcosa di assai diverso, insomma, da un Partito Democratico segnato da lotte interne sempre più lontane dalle esigenze dei cittadini. Si definisce un “senatore dell’opposizione”, pronto a dar battaglia a Lega e Cinque Stelle su ogni possibile terreno di scontro. Non si definisce più nemmeno “del Pd”, quando parla di sé stesso. Al congresso, d’altronde, ha scelto di non presentare candidati a lui vicini, pur promettendo di “rispettarne l’esito”. Nega la scissione, ma anche alcuni dei suoi parlano di gennaio-febbraio come data per il lancio del nuovo partito.I segnali di insofferenza verso questo atteggiamento inedito da parte Renzi non tardano però ad arrivare. Romano Prodi lo ha bacchettato con vigore: “Si decida, non può stare sull’uscio”. Anche i fedelissimi dell’ex premier, però, non sanno ormai più che pesci pigliare: “Sbaglia – dice uno dei suoi – se pensa che caduto questo governo gli elettori torneranno da noi entusiasti”.
Calenda frega Renzi e gioca d’anticipo: addio Pd, pronto un nuovo partito