Era nell’aria, molti se lo aspettavano e alla fine Matteo Renzi ha preso la decisione e annunciato il suo addio al PD. Con un’intervista su Repubblica, l’ex segretario ha dato via alla scissione. Già nella serata di ieri, Renzi aveva telefonato al premier Giuseppe Conte per comunicargli la sua decisione, assicurando al tempo stesso il sostegno dei suoi parlamentari all’esecutivo giallorosso. In seguito a questa mossa, dovrebbero nascere un gruppo parlamentare autonomo alla Camera, composto da almeno 20 deputati, e un sottogruppo del gruppo Misto al Senato.
Tutti i parlamentari renziani, almeno per il momento, sosterranno il governo Conte bis e faranno parte, di fatto, della maggioranza. Tuttavia, sia nelle fila del PD che in quelle dei Cinque Stelle è già suonato l’allarme… In fondo Renzi lo conoscono bene.
Gruppi parlamentari autonomi non possono infatti assicurare alcuna disciplina di partito rispetto alle scelte fatte dal PD. Con la decisione di Renzi è nata di fatto una terza gamba del governo giallorosso, con la quale sarà necessario sedersi al tavolo delle trattative per ogni decisione importante. La sostanza, insomma, è che il governo per durare dovrà trovare compromessi non tra due, ma tra tre forze politiche.
Uno scenario che non può che complicare le cose, anche in considerazione delle diverse visioni tra Renzi e il resto del PD su una serie di temi, a partire dal mondo del lavoro.
Cosa succederebbe, ad esempio, se il governo PD-M5S decidesse di abrogare il Jobs Act, misura simbolo dell’epoca renziana? I nuovi gruppi parlamentari dell’ex premier toglierebbero a quel punto la fiducia all’esecutivo? La decisione appare scontata. Il problema esiste e Conte, nonostante le rassicurazioni di Renzi, è allarmato e appeso a un filo.
Dopo essere stato il regista dell’operazione che ha portato alla formazione del governo giallorosso, Renzi potrebbe ora metterne in pericolo la sopravvivenza. Ed in fondo è proprio questo che voleva: tornare a essere lui l’ago della bilancia del governo. In attesa della messa in atto del piano che, nella sua visione, lo potrebbe riportare a Palazzo Chigi.
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