Botta e risposta tra Di Maio e Repubblica. Dopo aver ascoltato le parole di Luigi Di Maio con cui annunciava, sabato pomeriggio, che Repubblica e molti giornali del gruppo stanno morendo, il direttore Mario Calabresi ha deciso di replicare. “Certo, si fatica a prendere sul serio chi in una settimana ha annunciato di aver cancellato la povertà, per la prima volta nella storia, e poi ha scritto nel Def che non ci saranno più vittime della strada entro il 2050. Ma non è più tempo di scherzare o di scrollare la testa sconsolati. La campagna governativa contro i giornali, e contro Repubblica in particolare, sta diventando ogni giorno più ossessiva e più aggressiva”.
Di Maio ha sostenuto che “nessuno li legge più” i giornali del gruppo Gedi (lui ha detto “gruppo Espresso” perché nemmeno sa che quel gruppo non esiste più da due anni… poveretto) perché scrivono solo fake news: per lui, ovviamente, le fake news sono tutte le notizie e le analisi che smascherano le sue menzogne e quelle dei suoi compari al governo. Calabresi replica: “Oggi Repubblica è il secondo quotidiano nelle edicole italiane ma ha la leadership assoluta su Internet. Siamo il sito più letto in Italia, i nostri numeri non hanno paragoni in Europa (lo ha sottolineato solo una settimana fa il Reuters Institute, analizzando la rilevanza social di tutte le maggiori testate del continente)”.
Dietro l’attacco del Movimento 5 Stelle c’è proprio questo: Repubblica è “pericolosa” perché è la voce più ascoltata e diffusa della rete, quindi è leader in quello che considerano il loro territorio. “I nuovi potenti, ovunque nel mondo, si sono accorti che grazie alle tecnologie possono sperare di realizzare il sogno di ogni governante della storia: liberarsi dei corpi intermedi, delle critiche e delle domande scomode”, aggiunge Calabresi. Ci avete fatto caso che dalle nostre parti le “conferenze stampa” sono diventate “Dichiarazioni alla stampa”? Momenti di propaganda senza contraddittorio, esattamente come senza contraddittorio appare sempre Di Maio nei talk televisivi.
Il potente al balcone e la massa dei sudditi sotto. “Chi disturba e insiste nel fare domande, nel mettere in evidenza contraddizioni, nello svelare errori e furbizie, deve essere messo fuori gioco. In fretta. Con qualunque mezzo. Il Movimento 5 Stelle doveva cancellare il finanziamento pubblico ai giornali, per anni lo hanno ripetuto, poi sono arrivati a Palazzo Chigi e come previsto hanno scoperto non c’era nulla da tagliare, perché i grandi giornali non prendono alcun contributo pubblico. Lo sapevano anche i grillini ma quella menzogna serviva a squalificare i giornalisti, a far credere che fossero a libro paga del governo”.
“A quel punto però hanno fatto un passo avanti e si sono chiesti: come possiamo provare a imbavagliarli? Come possiamo indebolirli, mandarli fuori strada? Così hanno alzato il tiro e hanno cominciato a studiare i bilanci degli editori per capire dove intervenire. Prima hanno prospettato l’aumento dell’Iva per la stampa, poi hanno promesso di abrogare l’obbligo di pubblicazione dei bandi di gara per le pubbliche amministrazioni, infine hanno preso di mira direttamente la pubblicità”.
“È già successo in passato che grandi aziende togliessero la pubblicità a Repubblica per ritorsione contro inchieste o articoli scomodi. Ce ne siamo fatti una ragione e non ci siamo messi a piangere in pubblico. Non lo faremo nemmeno oggi, anche se il clima è già cambiato e cominciamo a sentire freddezza e titubanza in chi è cosciente che darci pubblicità potrebbe creargli problemi”. Calabresi chiude così: “Non abbiamo paura. Siamo preoccupati per noi e per il Paese, per lo scadimento del dibattito che avvelena l’opinione pubblica”.
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