Ha voglia Giggino Di Maio a tessere le lodi della manovra del popolo. Il Movimento è in subbuglio. Troppi i rospi che il piccolo condottiero di Pomigliano d’Arco ha deciso di far ingoiare ai militanti pentastellati. A partire da quella Pace fiscale che alla fine è un condono, seppur ridimensionato. Vaglielo a spiegare a chi urlava “galera, galera” per gli evasori fiscali. A parte che era già prevista, ma ora è davvero una barzelletta visto che gli evasori più piccoli godranno di parecchi benefici. E poi c’è il Tap, il gasdotto della vergogna per la Puglia dove migliaia di ulivi sono stati sradicati per far passare la condotta che porterà il carburante prezioso per l’economia di mezza Europa. Sì, il Tap, quello odiato da migliaia di cittadini pugliesi riuniti dapprima in comitati spontanei. Come quello nato a Melendugno, nel Brindisino, dove il gasdotto monstre dovrebbe riemergere dal mare provocando sulla spiaggia di San Foca una ferita mostruosa allo splendido paesaggio salentino. Comitati che sono stati sostenuti fin dall’inizio dal Movimento 5 Stelle.
Già, ma in nome dell’alleanza con Salvini, Giggino se ne è dimenticato. Oppure se ne è fregato, come iniziano a sostenere sempre più voci dentro al Movimento. Se le indiscrezioni che giungono dalla periferia del regno pentastellato in queste ore rispondono a verità, Di Maio deve guardarsi le spalle, da stasera, almeno ogni dieci minuti. Sono in arrivo vere e proprie coltellate che possono lasciare agonizzante in una pozza di sangue il Salvimaio. E con esso trascinare nella pozza anche il Movimento 5 Stelle, troppo combattuto tra l’anima pragmatica ma spesso troppo cinica di Di Maio e soci e quella più verace (ma anche paracula) di Alessandro Di Battista e Roberto Fico. Se i sondaggi dicono al momento che i pentastellati stanno finalmente respirando dopo mesi di opprimente dominio salviniano, il respiro rischia di essere più che altro un fiato corto. Non si vive di solo reddito di cittadinanza, anzi, il rischio autogol è abbastanza elevato.
C’è attesa soprattutto per le mosse degli avversari interni di Di Maio. Quello che ha le mani più libere al momento è Alessandro Di Battista. Il caudillo del M5S sudista è ancora ufficialmente in viaggio per il mondo, ma sono settimane che si parla di un suo rientro in Italia, per assumere un ruolo di primo piano nel Movimento e nel governo. Nell’ipotesi di un Conte-bis, con Giggino Di Maio costretto alla resa dalla rivolta del M5S, gli esperti di scenari vedono un “Dibba” assumere la duplice veste di vicepremier e Ministro degli esteri. Quanto ci sia di possibile e probabile in questi scenari non è dato saperlo. Sicuramente sappiamo che i sostenitori di Di Battista dentro al M5S in queste ore stanno scalpitando non poco. I malumori crescono e stanno diventando un pericoloso rumore di fondo.
Allo stesso modo, ma all’interno di una prospettiva completamente diversa, salgono le quotazioni di Roberto Fico. Nel caso in cui il governo Conte dovesse cadere sotto i colpi della speculazione e la palla tornasse nelle mani del Presidente Mattarella, Roberto Fico è uno dei candidati naturali per un governo di responsabilità nazionale. Un’ipotesi certamente al momento remota, ma sempre possibile, è proprio quella di un governo del Presidente, quasi sicuramente senza la Lega di Matteo Salvini, nel quale la poltrona di premier sarebbe proprio perfetta per l’attuale reggente di Montecitorio. Dentro al M5S sono in molti a pensarlo, anche se sono poco propensi a farlo sapere. Insomma, da qualunque parte si osservi la situazione la resa dei conti per Giggino Di Maio è in arrivo.
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