Il Fatto Quotidiano ricostruisce il retroscena su quello che si sono detti Conte e Salvini nel giorno in cui il leader della Lega ha ufficializzato l’addio alla maggioranza. Nell’articolo di Salvatore Cannavò si spiega che gli incontri sono stati due. Il primo, il giorno del voto sulla mozione Tav, avviene di pomeriggio, a Palazzo Chigi. Salvini non parla di rimpasti anche se si lamenta dei vari ministri e Conte lo incalza subito: “Ti avevo già detto dopo le Europee che volendo saremmo potuti andare al voto anche il giorno dopo”.
E ha continuato il premier: “Tra l’altro avevi il pretesto degli attacchi ricevuti dal M5S in campagna elettorale. Ma tu hai detto no, perché oggi vuoi le elezioni?”. Le giustificazioni di Salvini sembrano fragili: parla di “casini interni”, del bisogno di una “campagna elettorale per compattare la Lega, sai c’è anche chi vuol farmi fuori,ora non si può più rinviare”.
Conte invita il suo vicepremier a “pensarci bene”. E comunque mette le mani avanti: “Sappi che comunque si va in Parlamento, io sono una persona corretta, non vado in aula a cercare altre maggioranze” e poi, non dismettendo gli abiti del professore, gli fa anche una piccola lezione di diritto parlamentare. “La via maestra è tornare dove ho ricevuto la fiducia, cominciando dal Senato. In passato le crisi si facevano nei corridoi di Palazzo o nelle riunioni riservate delle segreterie dei partiti, io voglio fare tutto alla luce del sole”.
E qui lancia la freccia in pieno volto dell’alleato-avversario: “Tu ci dovrai essere, al contrario del dibattito sulla Russia e dovrai spiegare, guardandomi negli occhi, il motivo per cui ritiri la fiducia. Dovrai andare a votare passandomi davanti, guardandomi in faccia e poi votandomi contro”. Salvini, in un sussurro, dice “va bene”, e se ne va.
Secondo la spiegazione di Conte i problemi sarebbero la legge sull’Autonomia molto lontana dalla sua approvazione, specialmente in versione hard, e proprio la legge sul taglio dei parlamentari che avrebbe tolto un sacco di posti alla Lega. Anche perché la legge si porta dietro l’obbligo di ridisegnare i collegi elettorali e ritarderebbe il voto. Da qui l’accelerazione di Salvini. Il secondo incontro va infatti in scena l’8 agosto, e qui Salvini prima promette che ci penserà e poi dirama la nota che accende la crisi.
Conte gli dice di nuovo: “La speculazione di agosto è quella più insidiosa, ma non hai economisti che ti consiglino bene? Fatti ragguagliare sulle conseguenze, sull’esercizio provvisorio, sul rischio dell’aumento dell’Iva. E poi, come farai a discutere con la Commissione europea, senza di me, l’ennesima procedura d infrazione? Senza interlocutori quelli ti massacrano e ci va di mezzo l’Italia. Pensaci davvero, stai rischiando di portare il Paese al disastro”.
Salvini uscendo da palazzo Chigi sembra perplesso, fa finta di prendere tempo: “D’accordo, faccio ancora qualche telefonata”. Ma pochi minuti dopo viene diramata la nota della Lega che chiede le elezioni e in serata il vicepremier lancia le sparate sul governo dei no e del non fare e sui parlamentari che devono tornare di corsa dalle vacanze, a lavorare come “fanno milioni di italiani”.
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