È sempre più scontro nel governo sulle riaperture e sulle zone gialle. Da una aprte Draghi, dall’altra, ovviamente, Salvini. Il premier si appella a “una sincera collaborazione tra Stato e Regioni per il successo della campagna vaccinale” e al “comune impegno” ad assicurare la ripresa delle attività economiche, ma con i governatori leghisti c’è ancora maretta. Per la Lega il futuro è adesso o al più tardi a metà aprile, mentre per l’ala rigorista bisogna aspettare maggio per tirare su le prime saracinesche. .
E Mario Draghi – come riporta il Corriere – continua a raccomandare prudenza e rigore, anche perché i numeri non consentono di allentare le restrizioni. “È desiderabile riaprire, ma la decisione dipende esclusivamente dai dati”, aveva detto Draghi in Parlamento. Pressato da Matteo Salvini (e non solo) il premier non aveva escluso “cambiamenti in corso”, perché la situazione “è complessa e va monitorata giorno per giorno”.
“E allora Draghi ora cerca una formula che gli consenta di restare coerente con l’impegno preso, ma alla luce della curva epidemiologica risolvere il rebus non è facile. Il punto politico è come scrivere il decreto”, analizza il Corriere. Mariastella Gelmini aveva proposto di inserire un ‘meccanismo automatico’ che consenta di far scattare le prime aperture già ad aprile, se i dati dovessero migliorare, senza bisogno di approvare un nuovo provvedimento.
A Palazzo Chigi se n’è discusso a lungo, ma poi la linea del rigore ha prevalso. L’anima aperturista lotterà fino a domani per far ripartire già a metà aprile settori come la ristorazione, mentre i rigoristi si batteranno per tenere chiuso. Al leghista Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli, che ha insistito con la richiesta di ripristinare nel decreto la fascia gialla, Speranza ha risposto che i numeri restano preoccupanti.
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