La riforma della PA sta prendendo forma in tutti i suoi aspetti. Anche quelli più controversi. Il governo lo aveva anticipato già da tempo, ma l’entrata in vigore del decreto attuativo ha trasformato solo ora in concretezza una norma che in molti aspettavano. Quale? Quella che permetterà ai famosi furbetti del cartellino di essere licenziati in tempi molto più brevi rispetto al passato.
La stretta sugli statali della Pubblica Amministrazione che timbrano il badge e poi se ne vanno beati e tranquilli in palestra, al bar, a fare la spesa o ad occupare la poltrona di un secondo lavoro, è finalmente arrivata: d’ora in avanti i dipendenti pubblici che saranno colti in flagrante a timbrare il cartellino e a lasciare il luogo di lavoro, dovranno essere sospesi entro 48 ore e avranno soltanto 15 giorni per difendersi dalle accuse che potrebbero portarli al licenziamento. Nei 15 giorni successivi a quelli della “difesa”, poi, l’iter disciplinare dovrà concludersi con un esito certo: o fuori, o dentro.
Rispetto alle norme previste dalla riforma Brunetta sempre in fatto di licenziamenti nella PA, cambiano quindi i tempi (ora più ridotti), ma vengono introdotte anche alcune certezze. Già, perché se prima il dirigente che “chiudeva un occhio” sull’accaduto non rischiava alcunché, d’ora in avanti se il dirigente stesso non farà partire questo iter abbreviato nei tempi e nei modi previsti dalla legge, anche lui stesso rischierà grosso: perdita del posto di lavoro e condanna per reato di omissioni di atti d’ufficio.
«Per i furbetti del cartellino è finita la pacchia» ha chiosato il premier Matteo Renzi, aggiungendo che «si tratta di un provvedimento cattivo, è vero, ma estremamente giusto. D’ora in poi chi fa il furbetto verrà spedito a casa».
Ma non è finita qui. Il Ministero della Pubblica Amministrazione è a lavoro sul testo unico del pubblico impiego che renderà più flessibili i licenziamenti anche per casi leggermente diversi, come ad esempio nel caso di un dipendente abituato a fare l’assenteista cronico, colto a rubare o magari a macchiarsi del reato di peculato.
Viviana Bottalico