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Rimpatri, i dati smentiscono Salvini: ne ha fatti meno del governo Renzi

La realtà è una cosa. La propaganda un’altra. Sui rimpatri i numeri smentiscono Salvini: ne ha fatti meno di Renzi. Matteo Salvini ribadisce la volontà di rimandare indietro i migranti irregolari: “La priorità sono le espulsioni” dice da Helsinki, dove ha partecipato al vertice informale dei ministri dell’Interno. Tuttavia il vicepremier non sta dando seguito alle sue promesse strampalate. In campagna elettorale aveva promesso seicentomila rimpatri, ma a un anno dall’entrata in carica del governo giallo-verde siamo all’1% di quella cifra.

Dati alla mano questo governo, al di là delle parole, sta rimpatriando meno persone del governo precedente. I dati del Viminale stesso non vanno nella direzione indicata dal ministro: nei primi sei mesi del 2019 il governo ha portato a termine 3.299 rimpatri.

Ipotizzando che nei prossimi sei mesi ne rimpatri altrettanti si arriverà a 6.598 rimpatri, meno dei 7.383 dell’anno 2017 e dei 7.981 nel 2018. Se si considera il primo anno di governo invece, da giugno 2018 a giugno 2019, i rimpatri sono stati 7.286, comunque meno di quando governavano Gentiloni e Renzi. Qualcuno potrebbe obiettare che gli sbarchi sono calati di molto, ma i rimpatri si fanno sulle persone sbarcate almeno due anni prima, non sulle persone appena sbarcate.

In termini assoluti, l’Italia è al sesto posto per ordini di espulsione dietro alla Francia (105.560), la Spagna (59.255), la Grecia (58.325), la Germania (52.930) e la Polonia (29.375). Ma ci sono altri modi per rimpatriare i migranti irregolari? In base alla normativa 115/2008, per allontanare un migrante irregolare è possibile far ricorso a tre opzioni: l’accompagnamento coatto, il ritorno incentivato, l’espulsione con obbligo di lasciare il paese con mezzi propri.

Il primo è costoso e non sta dando i risultati sperati. L’ultimo è inefficace perché si basa sulla volontà del migrante di andarsene. I rimpatri incentivati invece sono quelli meno costosi e più praticati in Europa. Nel 2017 la Germania ha sborsato 104 milioni di euro per i rimpatri, l’Italia, invece, ha affrontato costi molto più contenuti che ammontano a 11 milioni di euro, dei quali la maggior parte, 9,7 milioni, sono stati destinati ai rimpatri forzati e la restante parte ai rimpatri volontari.

A meno di improvvise inversioni di tendenza, immaginando che il trend sia costante, a fine anno ci potremmo trovare ad aver incentivato meno di 300 persone a lasciare l’Italia. Un dato inspiegabile visto che per incentivare i rimpatri l’Italia potrebbe utilizzare fonti Ue. Infine, anche sui Dublinanti (i migranti che sono sbarcati in Italia e poi hanno passato il confine illegalmente verso il nord Europa) il governo non sta ottenendo risultati: Austria, Francia, Svizzera e Germania hanno trasferito verso l’italia circa 6.300 migranti.

 

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