Se i fari continuano ad essere puntati sul Bitcoin, la moneta digitale ideata da Satoshi Nakamoto, va però rilevato come il 2017 si sia rivelato un anno d’oro per un’altra criptovaluta, ovvero il Ripple, che è riuscito a dare vita ad una crescita addirittura più sostenuta nei confronti della consorella più famosa, ponendosi quindi alla testa del sempre più folto drappello delle Altcoin.
La crescita di Ripple è considerata dagli analisti il logico risultato dell’intenso lavoro portato avanti in questi anni dal team di sviluppo, che ha deciso di mettere sempre più in risalto la sua funzione di strumento al servizio del sistema bancario, in particolare quello orientale. Un lavoro culminato in una lunga serie di accordi che ha permesso a Ripple di stringere rapporti sempre più proficui con oltre 100 banche asiatiche.
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Una storia di successo
La nascita di Ripple risale al 2013, quando Jed McCaled e Chris Larsen decisero di varare un nuovo protocollo, OpenCoin, con il preciso obiettivo di eliminare i difetti che sin dall’inizio sono stati palesati dal Bitcoin, in particolare quelli relativi alla scalabilità e agli elevati costi che gravano sotto forma di commissione su ogni transazione.
Una missione che può dirsi ad oggi felicemente riuscita, se si pensa che per concludere una transazione online con Ripple bastano appena quattro secondi, un arco temporale molto più breve di quello comportato dal Bitcoin, senza peraltro che il sistema ne vada a risentire in termini di sicurezza e affidabilità.
I motivi del successo di Ripple
Oltre alla validità del progetto dal punto di vista puramente tecnico, va sottolineato come a sospingere Ripple sui mercati siano altri fattori. A partire dagli ottimi rapporti che il team di sviluppo può vantare nei confronti della Federal Reserve, dovuta in particolare alla presenza al suo interno di Ryan Zagone, che aveva operato in precedenza nell’autorità che sovrintende al funzionamento dei mercati monetari statunitensi.
Va poi ricordato come la cryptocurrency goda dell’appoggio non solo del mondo bancario, ma anche di una lunga lista di exchange, un dato quest’ultimo che può segnare la vita o la morte di un progetto nel settore delle criptovalute o comunque frenarne le possibilità, come sta accadendo ad alcune consorelle.
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Perché le banche appoggiano Ripple?
Ad un primo esame, il forte appoggio da parte delle banche nei confronti di Ripple può apparire abbastanza strano, considerato il rapporto estremamente teso tra il sistema creditizio e finanziario tradizionale e il Bitcoin, che ha spinto banchieri di fama come Jamie Dimon a denunciare il valore puramente speculativo della moneta digitale più famosa.
Nel caso di Ripple, però, lo stesso comparto bancario ha saputo cogliere gli elementi di vera novità rappresentati dal progetto, che si propone praticamente alla stregua di versione più funzionale degli istituti bancari attualmente operanti. A caratterizzare in tal senso Ripple e a farne un progetto altamente innovativo è in particolare il suo funzionamento, basato integralmente sulla fiducia tra le parti in causa.
In pratica, ogni operazione che avviene all’interno del sistema deve avvenire tra soggetti che si sono accreditati a vicenda, ovvero che hanno concesso la loro fiducia alla controparte. Un meccanismo che consente a Ripple di garantire il massimo di sicurezza ad ognuno degli utenti che decidano di appoggiarsi alla piattaforma per dare vita a transazioni online e il quale ha convinto anche il sistema bancario ad accordare a sua volta il massimo di fiducia alla criptomoneta.