Il tema del potere delle multinazionali rispetto agli Stati è cruciale e, tuttavia, raramente affrontato in modo approfondito. La discussione è spesso caratterizzata da una certa cautela, per il timore di urtare i colossi monopolistici. Tuttavia, il predominio delle grandi aziende internazionali sui governi, accompagnato da una tassazione dei profitti che appare spesso irrisoria rispetto a quella imposta ai cittadini comuni, è una questione che non può più essere trascurata. Questo è particolarmente vero in nazioni come l’Italia, che affrontano una procedura di infrazione europea per il rapporto tra deficit e PIL, che potrebbe costare fino a 20 miliardi di tagli al welfare ogni anno. In questo contesto, è particolarmente rilevante l’intervento del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, che ha affrontato direttamente il problema, dichiarando che “è ora di ristabilire la supremazia degli Stati sulle multinazionali.” Questa affermazione decisa, pronunciata da un’autorità come Panetta, evidenzia lo squilibrio di potere e la forza contrattuale attualmente esistente. Un’iniquità che minaccia le fondamenta della società e mette in pericolo le democrazie. Se un’entità economica e finanziaria finisce per contare più dei governi, è evidente che si crea una situazione rischiosa per le normali dinamiche sociali.
Panetta ha sottolineato come sia “importante, anche a livello simbolico, imporre una tassazione minima alle grandi multinazionali. In questo modo, si riafferma il predominio degli Stati su queste imprese, che esercitano un’enorme influenza sull’economia globale. Il fatto che gli Stati concordino e affermino la loro autorità sottolinea la loro superiorità su qualsiasi azienda, inclusi i giganti tecnologici mondiali.” Questo appello, che qualcuno potrebbe etichettare come sovranista, è in realtà una questione di buon senso che avrebbe dovuto essere risolta già da tempo. “Gli Stati hanno il potere e il dovere di far pagare le tasse a tutti,” ha concluso Panetta. “Essi possiedono l’autorità per influenzare gli sviluppi futuri dell’economia, agendo secondo principi di equità.”