È un fenomeno sempre più diffuso. Nella vita sei una persona, e sui social ti trasformi in mostro. In termini tecnici questi individui si chiamano “haters”, odiatori. Prince Jerry aveva 25 anni, veniva dalla Nigeria, era laureato in Biochimica e continuava a studiare qui, in Italia, dove era arrivato nel 2016 dopo due anni di odissea tra il deserto e i lager libici. Parlava un italiano fluente, e tutti lo ricordano come allegro e buono. A lungo ha atteso che gli venisse concesso l’asilo; a dicembre, invece, gli è stato protocollato il rifiuto.
Il ragazzo è stato assalito dalla disperazione. Il suo corpo è stato trovato senza vita sui binari di una stazione, travolto da un treno. Un suicidio, molto probabilmente. La notizia è rimbalzata su Facebook. “Hai fatto più che bene”, ha esultato il ventenne Danilo R., di origine calabrese, che ascolta Vasco e segue pagine dedicate a Forza Nuova e Matteo Salvini, quest’ultimo celebrato in tutte le salse.
“A fatto bene, uno di meno” gli ha fatto eco, omettendo la h, la signora Fioralba M., una settantenne di Vasto dall’aspetto soave come il suo nome, la sua bacheca è una sfilata di ricette e immagini dei nipotini, mette il like a pagine come “associazione Sacro Cuore di Gesù” e in più è devota della “mistica Natuzza Evolo”, oltre che del suo idolo assoluto, il ministro dell’Interno. “Povero… treno” ha commentato Marian R, un giovane di nascita romena che lavora nei trasporti funebri.
Sguardo limpido, adora talmente il nostro paese da essersi fatto tatuare il Colosseo sulla nuca. Per Roberta A. si tratta, semplicemente, di “Uno in meno”. Bionda e appassionata dei film della Disney, attacca con virulenza papa Bergoglio, che ha osato definire i rifugiati “Gesù d’oggi”, e scrive “ti amo Salvini” un giorno sì e l’altro pure.
Un clima di intolleranza e violenza strisciante, un’alta marea di odio. Bersaglio fisso, sempre loro: i migranti, rei di sottrarre serenità e posti di lavoro agli italiani “brava gente”. E poi il Pd, il solito George Soros, l’ex ministro Cécile Kyenge, Saviano, i “professoroni”. Ma chi sono queste persone che passano il tempo libero a postare contenuti e meme rancorosi e xenofobi, misogini, fascisti? Sono gli stessi che incontriamo tutti i giorni al bar, al supermercato, al cinema, nel nostro condominio.
Perfetti insospettabili, individui anonimi e in apparenza pacifici che quando aprono bocca su Facebook si trasformano in mostri di cinismo e cattiveria razzista. Maurizio D., un ciociaro appassionato dei Pink Floyd, non ha dubbi: “I negri sono menti inferiori”. Samuel C, palestrato e tatuato ventenne di Cagliari, puntualizza: “Io, che non sono razzista, prima li prenderei a badilate sui denti, poi gli darei fuoco. E con le ceneri passerei il fertilizzante alle piante”.
Il dottor Francesco F, che sarebbe un importante dirigente medico, impegnato per giunta in campo oncologico, mostra la sua soluzione finale: “Blocco navale e cannonate quando entrano in acque nazionali”. Riccardo D.M., elegante settantenne pugliese minaccia: “Questi africani proliferano come topi. Cominciamo col castrarli”. Chiara F. è una 23enne della provincia di Como. Pare dolcissima, innamorata del suo ragazzo e col gattino in braccio. “Pensano solo a scopare”.
Ferdinando P., in posa con figlio e fidanzata: “Ci vorrebbe, per questi emigrati, un bell’Hitler di nuovo”. E Salvatore B., un millenial napoletano che fa il pizzaiolo in Germania: “Dategli fuoco a ‘sti neri di merda”. Sergio M. lancia un auspicio: “A quando il prossimo Traini?”. È il caso di prendere sul serio tutto questo? Sì. È il caso che la politica abbassi i toni e la smetta con l’alimentare odio? Sì. Ognuno di noi, però, deve fare la sua parte. Sono i nostri vicini, questi.
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