Industria 4.0: imprese e società dell’Ict fanno il punto
La rivoluzione digitale è stata al centro del convegno tenutosi lo scorso 13 ottobre a Torino e che ha visto la partecipazione, al tavolo dei relatori, dei rappresentanti delle principali società italiane dell’Ict quali Cisco, Ibm e Digital Magics. Il titolo del meeting – “Industia 4.0, il momento è adesso ” – basta già da sé per individuare il messaggio portato alle aziende italiane: è il momento di cavalcare l’ondata innovativa apportata dalla rivoluzione digitale e investire in interconnessione e nuove tecnologie.
Attualmente, in Italia, l’investimento nella c.d. trasformazione digitale è decisamente scarso: 200 milioni di euro all’anno sono poco in confronto agli 800 milioni della Francia e praticamente nulla se paragonati agli 8 miliardi di euro impiegati nelle aziende del Regno Unito. Le aziende del nostro Paese sono sicuramente vincolate dalla tipologia di finanziamenti statali messi in campo per favorire la nascita dell’Industra 4.0, ma c’è un escamotage e si chiama Open Innovation.
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Open Innovation: lo stato dell’arte delle aziende italiane
La rivoluzione digitale attraverso l’Open Innovation si realizza con le start-up, che sono ben finanziate e adeguatamente sostenute anche da contributi a fondo perduto, e possono essere usate inizialmente per innovare singole linee produttive esterne e poi, grazie alla collaborazione tra diverse realtà, l’azienda nella sua interezza. Ecco qualche esempio di industria 4.0 in Italia.
In una società fiorentina leader nel settore delle macchine per il caffè, ogni operaio gestisce ferie e permessi vari con l’iPad consegnatogli dall’azienda. Grazie all’interconnessione, i progettisti di una delle più grandi aziende italiane produttrici di auto da competizione possono lavorare a distanza, interagendo in tempo reale con i tecnici e gli operai della catena di montaggio.
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Il concetto di Industria 4.0
La rivoluzione digitale che sta interessando l’industria è l’effetto di quell’ondata innovativa partita negli anni Novanta e che ha investito i settori manifatturiero, industriale e terziario. La digitalizzazione riguarda la quasi totalità dell’informazione, gli algoritmi diventano più affinati e sensibili, i componenti digitali costano sempre meno: questi sono i motivi principali che stanno alla base della rivoluzione digitale, dove internet si applica alla logistica, alla progettazione, alla gestione dei big-data e alla robotica.
Tutto ciò trova una rappresentazione sintetica nell’espressione Industria 4.0. In quest’industria le macchine diventano flessibili, producono a costi ridotti anche in piccole serie, si possono adattare facilmente per recepire i feedback provenienti dal mercato, richiedono una manutenzione poco onerosa e rendono il processo produttivo più “intelligente”.
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Le tecnologie dirompenti che cambiano la produzione
La rivoluzione digitale avviene essenzialmente grazie a tre tipi di tecnologie che hanno già apportato innovazioni dirompenti: la stampa 3D, la robotica e le nanotecnologie. La stampa 3D (produzione additiva) consente di produrre dove si consuma e non più centralmente, mentre la robotica rende più intelligenti le cose e, assieme alle interconnessioni, fa viaggiare la conoscenza e le informazioni. Le nanotecnologie, infine, permettono di produrre aumentando senza limiti le funzioni del manufatto di base.
Le conseguenze di un’economia meccanizzata si riflettono, in primis, sul lavoro. I robot non ruberanno il posto a nessuno, anche perché ad oggi le macchine “intelligenti” non riescono a replicare la complessità del cervello umano, ma cambieranno drasticamente il modo di eseguire i lavori e ne creeranno di nuovi. Serviranno maggiori competenze e una netta riqualificazione all’insegna della creatività.