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Come saranno i robot del futuro: riusciranno a pensare

Uomini e robot: pensano allo stesso modo? Forse un giorno un robot sarà in grado di “pensare” come un essere umano, ma per ora alcuni scienziati hanno scoperto che è il nostro cervello a funzionare come una macchina, analizzando una funzione particolare: come si formano i nostri giudizi. Una macchina potrà mai pensare come un essere umano? Nonostante alcuni scienziati ci stiano lavorando da tempo sembra ancora difficile. Ma forse non impossibile. I robot sono bravi a fare ciò che gli viene detto. Ma a volte l’inserimento di tali informazioni in un sistema è un processo molto più complesso rispetto al compito che stiamo chiedendo loro di eseguire. Questo fa parte del motivo per cui sono più adatti per lavori semplici e ripetitivi.

Possono i robot pensare, imparare e mostrare un’intelligenza simile a quella umana? Se avete letto Asimov o visto il film “I Robot” saprete benissimo che questo tema è ricorrente nella letteratura fantascientifica ma, forse, oggi possiamo togliere il prefisso “fanta”.

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Tecnologia per i robot

Al Tokyo Institute of Technology, infatti, è stata sviluppata una tecnologia chiamata SOINN, un sistema che crea una rete neurale che si potenzia da sola e permette ai robot di agire in maniera simile agli umani quando si tratta di eseguire compiti non scriptati. Sfruttando le conoscenze pregresse e le esperienze, il robot nell’esperimento decide quali azioni eseguire e in quale ordine. Compito affidatogli: servire un bicchiere d’acqua fredda a una persona.

Partendo da conoscenze di base “ad esempio il ghiaccio rende l’acqua fredda”, il robot sceglie l’ordine delle azioni da eseguire per ottenere il risultato tramite SOINN, un algoritmo semplice, leggero nei calcoli (così da essere efficace anche senza processori potenti) e in grado di comunicare con la rete.

Fulcro del progetto è comunque la capacità di imparare e adattarsi sfruttando sensori tattili, uditivi e visuali.

Nuovi sviluppi di ricerca per i robot

Un team di ricercatori della Brown University e del MIT sta lavorando per sviluppare un sistema in cui i robot possano pianificare le attività sviluppando concetti astratti di oggetti del mondo reale e idee basate sulle abilità motorie. Con questo sistema, i robot possono eseguire compiti complessi senza impantanarsi nei minimi dettagli necessari per completarli.

I ricercatori hanno programmato un robot a due bracci (Anathema Device o “Ana”) per manipolare oggetti in una stanza – aprendo e chiudendo una credenza e un dispositivo di raffreddamento, accendendo un interruttore della luce e raccogliendo  una bottiglia. Durante l’esecuzione dei compiti, il robot si stava occupando dell’ambiente circostante e elaborava le informazioni attraverso algoritmi sviluppati dai ricercatori. Secondo il team, il robot è stato in grado di apprendere concetti astratti sull’oggetto e sull’ambiente. Ana è stata in grado di determinare che le porte devono essere chiuse prima di poter essere aperte, se non sa come comportarsi studierà gli oggetti intorno a se, e cercherà nella rete informazioni su come utilizzarli per portare a termine la sua mansione.

“Ha appreso che la luce all’interno della credenza era così brillante da spremere i suoi sensori”, hanno scritto i ricercatori in un comunicato che annunciava le loro scoperte. “Quindi per poter manipolare la bottiglia all’interno della credenza, la luce doveva essere spenta. Ha anche imparato che per spegnere la luce, la porta dell’armadio doveva essere chiusa, perché la porta aperta le impediva l’accesso all’interruttore. “

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Il linguaggio tra robot e essere umano

Una volta elaborato, il robot associa un simbolo a uno di questi concetti astratti. È una sorta di linguaggio comune sviluppato tra il robot e l’essere umano che non richiede una codifica complessa da eseguire. Questo tipo di qualità adattiva significa che i robot potrebbero diventare molto più capaci di eseguire una maggiore varietà di compiti in ambienti più diversi scegliendo le azioni che devono eseguire in un determinato scenario.

“Se vogliamo robot intelligenti, non possiamo scrivere un programma per tutto ciò che potremmo desiderare che facciano” ha detto George Konidaris, un assistente professore della Brown University. “Dobbiamo essere in grado di dare loro degli obiettivi e far sì che generino un comportamento da soli”.

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