L’intelligenza artificiale ha un solo problema: la parte in cui diventa realtà. Mentre entra progressivamente nella vita umana, gli esseri umani – almeno, un numero crescente di essi – sono sempre più affascinati dall’idea di poter parlare a una macchina mentre quella macchina finge di essere un essere umano. Ma è ancora una macchina, giusto? Sappiamo che alla fine possiamo spegnerla, no? O possiamo spegnerci noi? Ma soprattutto, lo faremo?
I robot che piacciono a Google ci faranno fuori?
E’ vero, sono preoccupato. E non solo perché il CEO di Facebook Mark Zuckerberg pensa che l’AI possa risolvere i problemi del suo baraccone. Sono preoccupato perché il co-fondatore di Google, Larry Page, sembra pensare che gli esseri digitali debbano essere trattati esattamente come esseri umani. Nel suo libro “Life 3.0: Being Human in the Age of Artificial Intelligence”, il professor Max Tegmark del MIT racconta la storia di una chat tra il co-fondatore di Google Larry Page e il CEO di Tesla Elon Musk. Il fondatore di Tesla in questa chat è piuttosto preoccupato per i robot che diventano un po’ troppo grandi per i loro “pantaloni metallici”. Teme che si sbarazzeranno degli esseri umani intellettualmente inferiori appena non serviranno a nulla. Page apparentemente non ha una visione così pacchiana dei nostri futuri “padroni”. “Larry ha accusato Elon di essere “specista”: trattare certe forme di vita come inferiori solo perché erano basate sul silicio piuttosto che sul carbonio”, ha scritto Tegmark.
Diventeremo tutti “specisti”
Specisti. E’ un termine fantastico, dai! E’ l’evoluzione di “razzisti” nell’era dei robot. Ma poi il suono di questa parola, “spe-ci-sti”: non è la parola più “Silicon Valley” che tu abbia mai sentito? Muori all’idea che stiamo diventando tutti specisti, vero? In effetti, perché non trattiamo i bidoni della spazzatura come nostri pari? Perché non ci inchiniamo alle nostre gru, ai nostri muletti o alle fresatrici e, perché no, li sposiamo una volta ogni tanto? Se pensi che sto scherzando levatelo dalla testa. Ecco un’altra citazione dal libro di Tegmark: “Larry (ha detto, ndr) che la vita digitale è il naturale e desiderabile passo successivo nell’evoluzione cosmica e che se lasciamo che le menti digitali siano libere piuttosto che cercare di fermarle o ridurle in schiavitù, il risultato è quasi certamente buono”.
Naturale e desiderabile? Vuoi dire come Brad Pitt? Come una modella nuda su Maxim? Come l’Inter che vince i prossimi 10 campionati di Serie A? Tegmark di nuovo: “Lui (Larry Page di Google, ndr) sostiene che se la vita si diffondesse in tutta la nostra galassia, cosa che pensa debba accadere, allora avrebbe bisogno di farlo in forma digitale”. Ti sembra fastidioso? Lo è davvero!
Con un chip nel cervello saremo “divinità”
Un mio amico d’oltreoceano si è preso la briga di andare al Singularity Summit. Questo era un evento in cui alcune persone spaventosamente intelligenti – alcuni dei quali dipendenti di Google – altrettanto spaventosamente confessavano il sogno di diventare robot prima di morire. “Per loro era come diventare una rockstar, ma non con l’heavy metal”, mi ha confessato. Insomma: metti un po’ di chip nel tuo cervello e sorridi. Ma lui serissimo mi ha detto: “La verità è che conosco una o due persone in Google (e non solo in Google…) che la pensano esattamente in questo modo”. In effetti, gli credo. L’ex guru delle auto che si guidano da sole di Google, Anthony Levandowski, ha persino fondato una chiesa del Dio dell’AI , dove gli umani possono adorare i loro padroni robot.
Ma vuoi dire che saremo sopraffatti dai robot così velocemente? Sembrerebbe di sì. C’è un tizio che credo conosciate per fama, Ray Kurzweil, che ha lavorato al MIT, è stato un pioniere nel riconoscimento ottico dei caratteri ed ha lavorato per anni sulle AI. Ha anche scritto un libro dal titolo eloquente: “Come funziona la mente e come costruirne una”. Ecco, Kurzweil pensa che con un chip nel cervello possiamo essere come Dio. Una volta si diceva “Semi-Dei” ma come ben sapete non esistono più le mezze misure come le mezze stagioni. Chi prega i robot dunque potrebbe essere il primo ad ottenere il chip? Non potrebbe essere l’ultima follia per miliardari quella di farsi impiantare un chip in testa per diventare “Dio”?
Il mio amico americano ha chiesto a Google (lui dice per canali ufficiali, ma non ne sono certo) se Page conservi ancora il parere che gli anti-digitalisti siano “specisti”. Non mi ha ancora fatto sapere se ha avuto risposta o meno a questa domanda, ma vale sempre la pena ricordare che la visione di un’azienda arriva dall’alto. Mentre Google piazza le sue macchine sempre in ascolto nella tua casa, nella tua tasca e nel tuo ufficio, è facile vedere che il prossimo passo è piantarle nel tuo cervello. E poi chi sarai? O “cosa” sarai?
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