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Rubavano i nostri soldi. Ecco come e per cosa li usavano. E’ iniziato “l’assalto” dei truffatori ai fondi europei

Cominciamo con il mettere in chiaro una cosa. La banda sgominata in questi giorni dalla Guardia di Finanza di Venezia non intascava solo i fondi europei e i soldi del Pnrr. L’elaborata truffa messa in atto dai criminali, di fatto, sottraeva denaro alla cosa pubblica, e quindi a tutti noi. Oltretutto denaro che in parte andrà restituito – e con gli interessi – all’Unione Europea. Sono stati eseguiti ventidue arresti in un’indagine coordinata dalla Procura Europea, otto persone sono state portate in carcere e le altre sono ai domiciliari. E sono emersi i particolari di una truffa che ha sottratto alla collettività 600 milioni di Euro. A capo della gang di criminali c’erano due “insospettabili”. Un imprenditore altoatesino e la sua compagna ucraina. Ma a essere coinvolti erano anche una serie di professionisti (fra cui tre commercialisti e un notaio) e persino il presidente di una squadra di calcio. (continua dopo la foto)

Il sistema era bene organizzato e si avvaleva anche dell’aiuto dell’intelligenza artificiale. I truffatori creavano società vere per avere i requisiti per partecipare ai bandi. Poi presentavano i progetti per ottenere i finanziamenti con i fondi del Pnrr erogati da Simest, la società di Cassa Depositi e Prestiti che supporta le attività italiane all’estero. Infine, incassavano subito il 50% del finanziamento: 150mila Euro. E poi li facevano sparire nel “lusso”. Sì, perché quei soldi venivano usati per acquistare gioielli, macchine, ville signorili, persino viaggi in località da sogno. Oppure venivano investiti in altre truffe, per esempio quelle dei bonus edilizi. Un “giro” che ha fruttato, per l’appunto, 600 milioni di Euro. E tra gli arrestati c’è anche il presidente di una squadra di calcio toscana, la Pistoiese. (continua dopo la foto)

“Utilizzavano reti informatiche private”, come ha spiegato il colonnello Marco Stella che ha condotto l’indagine, “che permettono di simulare la connessione da un Paese distante migliaia di chilometri rispetto alla reale posizione di chi le utilizza”. E con l’aiuto dell’intelligenza artificiale e di software avanzati “riducevano a zero il tempo di realizzazione e falsificazione dei documenti per le richieste di finanziamenti”. Un sistema ingegnoso che ora, per fortuna, è stato sgominato. Ma resta la preoccupazione per la facilità con cui i truffatori riescono a intascare enormi somme di denaro pubblico. Non a caso Giuseppe Busia, presidente dell’anticorruzione, ha lanciato l’allarme. “L’assalto è iniziato”, ha detto. “Senza controlli adeguati la nostra credibilità è a rischio”.

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