Una sorta di mazzetta calcolata in percentuale, da intascare tramite mediazioni e consulenze in apparenza regolari. Sarebbe questo lo schema del Russiagate targato Lega: il tentato maxi-accordo petrolifero orchestrato a Mosca dal faccendiere lumbard Gianluca Savoini, nell’ottobre 2018, per dirottare decine di milioni di euro nelle casse del partito di Matteo Salvini. Somma che sarebbe servita a finanziare la campagna elettorale per le europee. Una vicenda sulla quale si dibatte da tempo e che, racconta l’Espresso, vede ora comparire anche un uomo dell’Eni.
“Il patto segreto tra italiani e russi era di fare la cresta, cioè dividersi una ricchissima percentuale, su una maxi-fornitura di gasolio: il 4 per cento del prezzo pagato dall’Eni, come scrivono i giudici di Milano, doveva servire a finanziare la campagna elettorale per le europee della Lega. Il colosso dell’energia controllato dallo Stato italiano ha smentito qualsiasi coinvolgimento, dichiarando di non aver mai finanziato partiti politici”.
“I mediatori italiani amici della Lega avevano davvero un rapporto diretto, documentato, con un manager importante di una società-chiave del gruppo Eni. Che è al centro di un’altra indagine giudiziaria, sempre a Milano. Un’inchiesta che scotta. Dove ricompaiono lo stesso manager, la stessa società dell’Eni e lo stesso schema del Russiagate. Ancora tangenti pagate con il sistema delle mediazioni petrolifere (in gergo, trading). Invece di comprare carburante direttamente dal venditore, lo si acquista attraverso un intermediario, che trattiene una percentuale di guadagno. Se la mediazione è reale, perché garantisce servizi di logistica e trasporti, è tutto lecito. Altrimenti è solo un trucco per arricchire la società intermediaria”.
Savoini, che non ha alcuna esperienza nel mondo dell’energia, parla così di “
250 mila tonnellate di gasolio al mese, per tre anni da rivendere all’Eni”. E ancora, scrive l’Espresso: “Al tavolo ci sono anche due consulenti italiani, il più importante è l’avvocato Gianluca Meranda, che rappresenta una piccola banca d’affari inglese, la Euro-Ib, la società estera che dovrà acquistare il gasolio da rivendere all’Eni”. I compratori avrebbero precisato che l’acquirente finale era una società del gruppo Eni. Il venditore, una società statale russa.
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