Un sospetto che emerge in maniera molto evidente, secondo le ricostruzioni. Quello secondo il quale il 18 ottobre del 2018, intorno a un tavolo dell’Hotel Metropol di Mosca, si sarebbe svolta una trattativa che, attraverso la compravendita di tre milioni di tonnellate di prodotti petroliferi, avrebbe dovuto portare 65 milioni di dollari nelle casse della Lega, impegnata nel delicato compito di preparare al meglio le elezioni europee e non certo in una situazione rosea sul fronte economico.
L’audio, secondo i tecnici della procura, non è stato manipolato. Dalla trascrizione emerge chiaramente la consistenza dei sospetti che hanno dato il via all’inchiesta. La trattativa? “L’acquisto da parte di Eni spa dei prodotti petroliferi, prevedendo che una percentuale del prezzo pagato sarebbe stata retrocessa per finanziare la campagna elettorale del partito politico Lega”.
Tra il 2 e il 6% sarebbe invece dovuto andato ai funzionari russi. Per i giudici emergono elementi come “la ripartizione dei compiti tra i correi”, la “cristallizzazione degli accordi criminali” e la “necessità di essere prudenti per non destare sospetti sull’illecito ritorno del denaro”, come chiede Savoini preoccupato.
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